Accogliere per non escludere

scritto da Redazione il 8 April 2015 in 15 - Quale accoglienza and Esperienze e territorio con commenta

Il direttore di Caritas Saluzzo racconta l’esperienza dell’accoglienza dei lavoratori stranieri stagionali attuata negli ultimi anni nel Saluzzese

Fare accoglienza significa rispettare nell’altro il diritto ad un’esistenza degna di quei valori che qualunque sistema morale, laico o religioso riconosce come intrinseci alla persona umana. Significa impegnarsi perché i nostri fratelli migranti non siano costretti a condizioni di vita subumane e a sentire la loro presenza in mezzo a noi come un’intollerabile intrusione. Significa trovare per loro un riparo che non sia la baracca di rami e cartone, un mezzo per cucinare che non sia la fiamma viva di un braciere paleolitico, un’assistenza sanitaria che intervenga almeno per i bisogni essenziali». È sulla base dell’esperienza diretta maturata negli ultimi anni, con flussi crescenti di lavoratori migranti stagionali in arrivo, che il direttore di Caritas Saluzzo, don Giuseppe Dalmasso, spiega cosa significa concretamente fare accoglienza, rispondere operativamente alle varie esigenze, affrontare e risolvere i molti problemi legati all’arrivo di centinaia di migranti in un territorio limitato. «Le difficoltà principali vengono dalle enormi resistenze, talvolta esplicite ma più spesso occulte, di una società che costruisce la propria identità sull’esclusione dell’altro, tanto più quando con questo “altro†si tratta di condividere risorse sempre più esigue» osserva il responsabile di Caritas.

Qual è stato il livello di collaborazione, coordinamento, “lavoro di rete†che siete riusciti ad attuare con i soggetti che a vario titolo sono direttamente interessati all’accoglienza dei migranti (datori di lavoro, istituzioni, organizzazioni di volontariato, cittadinanza)?

Sia a livello comunale che provinciale sono stati aperti dei “tavoli†di coordinamento tra i soggetti che a vario titolo sono coinvolti nel fenomeno della migrazione stagionale. A livello comunale è stato il sindaco a gestire il coordinamento, a livello provinciale il prefetto. Sono intervenuti gli amministratori dei comuni frutticoli del Saluzzese, le associazioni di categoria sia datoriali che sindacali, le forze dell’ordine, il Centro per l’impiego, oltre alla Caritas. È emersa con evidenza la difficoltà di reperire risorse (finanziarie e strumentali) adeguate ai reali bisogni: molti comuni sono restii a concedere le aree e le infrastrutture necessarie all’allestimento di campi di accoglienza decentrati, mentre la Protezione civile si dichiara incompetente ad intervenire con le proprie strutture di emergenza. Di fatto solo due soggetti hanno offerto una concreta disponibilità: la città di Saluzzo, che ha messo a disposizione dall’anno scorso uno spazio per l’insediamento dei migranti, concedendo l’allacciamento alle reti idrica, elettrica e del gas, con oneri a carico della Caritas; la Coldiretti, che surroga i suoi iscritti nei compiti di ospitalità e da due anni allestisce campi di container dove accoglie 120 migranti in possesso di contratto di lavoro.

Il supporto di Caritas Italiana attraverso il Progetto Presidio in cosa consiste e come è attuato sul vostro territorio?

L’inserimento della Diocesi di Saluzzo nel Progetto Presidio ha permesso di consolidare e allargare l’azione di accoglienza e di accompagnamento avviata dalla Caritas diocesana negli anni precedenti. Intanto ha consentito alla nostra piccola struttura di venire a contatto e di mettersi in rete con altre Caritas diocesane del Paese che da anni e con maggiore impegno hanno dovuto fronteggiare situazioni simili e anche più gravi della nostra. Ciò ha anche determinato l’acquisizione di maggiori informazioni sul fenomeno e sulle pratiche di accoglienza e accompagnamento. Soprattutto, però, con il progetto sono stati messi in atto interventi organici e impegnativi, che prima era molto complesso avviare. Nell’Ufficio aperto all’interno del Campo, gli operatori hanno gestito quotidianamente per sette mesi il rapporto con i migranti stagionali, occupandosi di tutte le incombenze relative alla logistica e all’assistenza materiale. È stato attivato uno sportello amministrativo, al quale si sono rivolti moltissimi migranti per i loro problemi nella gestione del permesso di soggiorno, mentre ci si è avvalsi di un avvocato per seguire alcune vertenze legali e per fornire assistenza in varie situazioni critiche. È stata inoltre concordata e garantita con le organizzazioni sindacali Cgil e Cisl una presenza settimanale di esperti per l’informazione sulle questioni del lavoro e per la trattazione di eventuali vertenze, anche se poi questo servizio è stato meno utilizzato del previsto. Grazie alla disponibilità di alcuni medici volontari, è stato possibile convenzionare con l’Asl territoriale un ambulatorio specificamente riservato ai migranti, nel cui ambito è stato utilizzato il ricettario regionale per le prescrizioni di farmaci ed esami specialistici.

Come si inserisce nel contesto territoriale il vostro lavoro di accoglienza: è supportato, sopportato, ignorato, rifiutato dai cittadini? Qual è il livello di solidarietà, indifferenza o di intolleranza che recepite?

Le istituzioni supportano l’intervento di Caritas con tutto il loro appoggio morale, dato che è sostanzialmente l’unica azione di accoglienza significativa messa in atto sul territorio. Quanto al supporto materiale, della sua inadeguatezza ho già detto in precedenza. I cittadini invece si rapportano alla nostra attività in modo molto diversificato: c’è l’indifferenza di chi è estraneo a qualunque riflessione di tipo sociale; c’è la sopportazione di chi – pur ostile ai percorsi di inclusione dello straniero – vede comunque noi di Caritas come quelli che mettono una pezza a una situazione che altrimenti potrebbe essere ben più drammatica; c’è la partecipazione attiva di quelli (ragazzi dell’oratorio, scout, singoli cittadini) che collaborano con noi nella gestione del Campo Solidale. Va detto però che nel complesso c’è un atteggiamento di comprensione e di rispetto per l’impegno che la Caritas esprime a favore dei migranti.

Come vi state preparando alla nuova stagione di accoglienza dei lavoratori migranti, quali novità positive o negative rispetto allo scorso anno?

Dai primi contatti che ci sono stati in vista della prossima stagione di raccolta abbiamo capito che anche quest’anno il peso quasi esclusivo dell’accoglienza ricadrà sulla nostra Caritas. II Comune di Saluzzo ci concederà ancora l’area per l’allestimento del Campo, facendosi carico dei costi relativi allo smaltimento dei rifiuti; la Coldiretti fornirà ancora i container per l’ospitalità del consueto contingente di braccianti stranieri; il parroco di Scarnafigi (paese limitrofo) offrirà di nuovo una quindicina di posti letto nella sua canonica. Non sappiamo ancora quale sarà la disponibilità degli altri comuni vicini, ma immaginiamo che non sarà superiore alle poche unità per ciascuno di essi. Quanto a noi, ci prepariamo a ripetere l’esperienza del Campo Solidale dell’anno scorso: poco più di trenta tende, per una capienza ottimale di 200 persone, dove però è prevedibile che torneranno ad ammassarsene più del doppio; tre container con i servizi; un’area coperta per cucinare, dove incrementeremo se possibile la dotazione di fornelli a gas. Cercheremo inoltre di rafforzare la presenza dei nostri operatori nel Campo, perché, se è necessario assicurare la disponibilità dei servizi essenziali, è altrettanto importante sviluppare l’accoglienza sul piano della relazione umana, affinché la presenza dei nostri fratelli migranti non si esaurisca nell’impiego delle loro braccia, ma si arricchisca di quella dimensione personale che appartiene tipicamente alla missione di Caritas.

Alla luce di questa vostra esperienza diretta, dunque, cosa pensate dovrebbe essere fatto affinché l’accoglienza dei migranti non sia solo emergenziale o delegata alle iniziative del volontariato?

Risposta difficile, perché ci costringe ad entrare nello spazio delle scelte politiche a cui la Caritas vuole rimanere estranea, non per indifferenza ma per rispetto dei ruoli di ciascuno. È chiaro che un’accoglienza che non sia solo emergenziale implica la disponibilità di risorse rilevanti, che nessuno degli attori istituzionali ha previsto nei propri bilanci. A Saluzzo, comunque, il bisogno più grande dei migranti è quello dell’abitazione: bisognerebbe poter acquisire grandi contenitori non utilizzati (che non mancano) per adattarli a spazi abitativi temporanei, oppure almeno allestire campi di accoglienza realizzati con requisiti di abitabilità e di sicurezza maggiori di quelli che si può permettere la Caritas con le sue limitate risorse.
Il problema è ovviamente quello delle priorità: se queste vengono definite sulla base di un criterio di identità etnica, è scontato che per i migranti resteranno sempre solo le briciole, perché sappiamo bene che nella contesa politica è molto facile far leva sulle pulsioni più elementari della gente, mentre è più impegnativo cercare di elevarne la sensibilità morale. Comunque non voglio rinunciare alla speranza che i nostri piccoli gesti di accoglienza possano diffondere dei semi di carità che, anche sulla spinta del nuovo clima che si respira con il pontificato di Francesco, facciano ancora crescere il cuore solidale di Saluzzo.

diocesisaluzzo.it

 

 

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