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Acli e Caritas: serve un reddito di inclusione sociale

Posted By Redazione On 23/01/2014 @ 09:28 In 11 - Miraggio reddito minimo,Proposte | No Comments

[1]Le nostre comunità e le Caritas diocesane lo sanno da anni: conoscono i volti di persone e famiglie scivolate giù, attraverso le maglie troppo larghe della rete di protezione sociale, condannate a resistere da sole alla perdita di un lavoro, a un reddito limitato, a un lavoro precario o – peggio – in nero. Condannate a farcela da sole, o solo con l’aiuto di famigliari, amici, di una parrocchia, delle ancora tante realtà di solidarietà che il nostro Paese conserva. Ma non può andare avanti così. Una maggiore responsabilità istituzionale è necessaria, una copertura universalistica per chi vive in condizioni di povertà assoluta deve essere garantita da politiche pubbliche, pur progressive e incrementali, che non si limitino a trasferire risorse, ma puntino a costruire progetti personalizzati. Pensati in maniera sussidiaria, che sappiano fare emergere la solidarietà diffusa nei territori e facciano ripartire i percorsi esistenziali inceppati dalla crisi».

Così il direttore di Caritas Italiana, Francesco Soddu, ha spiegato (“Italia Caritas”, luglio/agosto 2013) le motivazioni che hanno spinto nel luglio scorso la Caritas stessa, in collaborazione con le Acli nazionali, a lanciare la proposta di una piano nazionale contro la povertà, all’interno del quale si dovrebbe collocare una misura definita Reddito d’inclusione sociale (Reis), da introdurre con un percorso «graduale, fattibile e sostenibile economicamente » per rispondere efficacemente alle carenze italiane in materia di supporto al reddito. Al fine di promuovere l’introduzione del Reis, Acli e Caritas Italiana hanno invitato tutti i soggetti interessati ad aderire ad un Patto Aperto contro la Povertà, da concretizzarsi attraverso la collaborazione tra «Istituzioni credibili e dialoganti, soggetti sociali autorevoli, aperti al confronto, competenti e liberi, cittadini responsabili e consapevoli ».

Reis: una misura per l’inclusione attiva

Il progetto del Reis è nato da un gruppo di esperti (coordinato da Cristiano Gori, docente di politica sociale all’Università Cattolica di Milano) cui Acli e Caritas hanno affidato il compito di formulare una proposta efficace per colmare il vuoto lasciato da politiche inadeguate nel contrasto alla povertà. Si tratta di una «riforma strutturale» da introdurre gradualmente in quattro anni, ma con un percorso di transizione che fornisce fin dal primo anno una risposta concreta. In pratica, con il Reis ogni famiglia in difficoltà riceve mensilmente una somma di denaro pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia della povertà assoluta individuata dall’Istat, tenuto conto del diverso costo della vita nelle varie realtà del Paese. Alle famiglie interessate è però richiesta piena collaborazione e un coinvolgimento attivo: oltre al trasferimento monetario le famiglie hanno accesso ai servizi di sostegno per l’impiego, contro il disagio, per disabilità o non autosufficienza, ma a tutti i membri della famiglia di età compresa tra i 18 e i 59 anni è chiesto di attivarsi nella ricerca di un impiego e di frequentare attività di formazione o riqualificazione professionale.

Il Reis dovrebbe essere gestito da un’alleanza tra attori pubblici e privati, con la regia affidata all’ente locale ma sulla base di una co-progettazione del Terzo settore. Il Reis diventerebbe così il primo livello essenziale delle prestazioni inserito nelle politiche sociali in Italia, assolvendo al compito di assicurare a tutti il diritto di essere protetti contro il rischio di povertà assoluta.

Il progetto è stato presentato ai responsabili del governo ed è stato preso seriamente in considerazione dal Gruppo di lavoro nominato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che in settembre ha presentato la proposta di “Sostegno per l’inclusione attiva” (Sia) per vari aspetti molto vicina al Reis: proposte per l’attivazione di misure utili e necessarie che sono però finora rimaste sulla carta (vedi le pagg. 7-9)

Proposta concreta per colmare il vuoto delle politiche

«L’Italia soffre oggi l’assenza di adeguate politiche per contrastare la povertà, con un Welfare in crescente difficoltà derivanti sia dalle mancate riforme sia dalla crescita di domande creata dai processi di impoverimento» osserva Gianni Bottalico, presidente nazionale Acli, secondo il quale il Reis con un percorso graduale di quattro anni potrebbe «risolvere il problema alla radice, cioè l’assenza di un diritto sociale per tutte le famiglie in povertà assoluta». Ciò dovrebbe però avvenire attraverso un’alleanza di soggetti in cui ognuno possa portare il proprio contributo di idee e di capacità di sensibilizzazione, in una sorta di Patto contro la povertà.

Gli estensori della proposta ritengono necessario fare in modo che la crisi diventi l’occasione per costruire un sistema economico e sociale diverso, «con al centro la persona umana», e a tal fine un Reddito di inclusione sociale può portare un contributo importante. Allo stesso tempo, però, sottolineano che il Reis per quanto auspicabile non va mitizzato perché rappresenta comunque una misura “di nicchia”: «Sarebbe illusorio pensare a tale misura come risolutiva della povertà. Anzi – spiega Bottalico – se non si fa molta attenzione c’è il rischio che diventi funzionale alle attuali disuguaglianze, avvalorando il progetto di coloro che pensano a un’ulteriore precarizzazione del lavoro, in cambio di briciole di Welfare per le masse di lavoratori esclusi o estromessi dal mondo del lavoro».

Le caratteristiche del Reis 

Utenti: Famiglie in condizione di povertà assoluta, di qualsiasi nazionalità, legittimate alla presenza sul territorio italiano, residenti nel comune nel quale fanno richiesta della misura e ivi domiciliati da almeno dodici mesi.

Importi: Ammissibile chi è sotto la soglia di povertà assoluta stabilita dall’Istat. L’importo corrisponde alla differenza tra il reddito familiare disponibile e la soglia stessa.

Equità territoriale: La soglia di povertà assoluta Istat, punto di riferimento per l’accesso e per la determinazione dell’importo, varia in base alla macroarea (nord, centro, sud) e alla dimensione del comune (piccolo, medio, grande). Così si tiene conto delle notevoli differenze del costo della vita: l’obiettivo è garantire a tutti il medesimo potere d’acquisto.

Servizi alla persona: Mix di denaro e servizi: il comune ha la regia del Welfare locale. I vari attori coinvolti, pubblici e del Terzo settore, hanno compiti diversi e integrati nelle varie fasi dell’erogazione e della presa in carico.

Terzo settore: Co-progetta gli interventi, fornisce servizi e avvicina le famiglie povere al Reis. Si può occupare anche della presa in carico.

Lavoro: I beneficiari e tutti i membri del nucleo famigliare tra 18 e 59 anni ritenuti abili al lavoro devono attivarsi nella ricerca di un’occupazione, dare disponibilità a iniziare un’occupazione offerta dai Centri per l’impiego e a frequentare attività di formazione o riqualificazione professionale.

Costi: La spesa complessiva della misura – a regime – sarà intorno a 5,5 miliardi di euro. Prevista una fase di quattro annualità.

 

Il percorso attuativo 

Il Reddito d’Inclusione Sociale è introdotto gradualmente, lungo un cammino articolato in quattro annualità. L’utenza viene ampliata annualmente e così il quarto anno della transizione corrisponde al primo a regime, cioè quello a partire dal quale il Reis è rivolto a tutte le famiglie in povertà assoluta.

Il progressivo allargamento dell’utenza segue il principio di “dare prima a chi sta peggio”. Detto altrimenti, si comincia da coloro i quali versano in condizioni economiche più critiche e progressivamente si copre anche chi sta “un po’ meno peggio” sino a rivolgersi – a partire dal quarto anno – a tutti i nuclei in povertà assoluta.

• La spesa pubblica dedicata ammonta – a regime (cioè a partire dal quarto anno) – a 6062 milioni di euro. In ogni anno della transizione, le risorse stanziate sono superiori rispetto al precedente: i percorsi che si possono seguire nel loro progressivo incremento sono vari. Ad esempio, immaginando di suddividere l’aumento in quattro parti uguali, ogni anno la spesa pubblica sarà di 1515,5 milioni (cioè un quarto di 6062) superiore al precedente configurando il seguente percorso: primo anno 1515,5 milioni, secondo anno 3031, terzo anno 4546,5, quarto anno (primo a regime) 6062.

• Durante la transizione, le prestazioni contro la povertà assoluta già esistenti vengono progressivamente abolite. Oggi, infatti, allo scarso investimento pubblico nel settore si affianca la frantumazione dell’esistente in numerose prestazioni, tra loro scoordinate per criteri di accesso, importi ed Enti che li gestiscono, che danno vita a un sistema con il quale è assai complesso per i cittadini relazionarsi. Secondo la proposta Acli-Caritas, invece, le misure presenti vengono progressivamente assorbite all’interno del Reis, con il risultato che – a partire dal quarto anno – lo sforzo pubblico contro la povertà, oltre ad essere superiore rispetto ad oggi risulta concentrato in un’unica risposta basata sulle stesse regole per tutti.

• A sostenere l’attuazione del Reis è l’“infrastruttura nazionale del Welfare locale”, cioè un insieme di strumenti che lo Stato in collaborazione con le Regioni fornisce ai soggetti del territorio per metterli in condizione di operare al meglio. Si tratta di impiantare un solido sistema di monitoraggio e valutazione, capace di comprendere ciò che accade nelle varie realtà locali, esaminarlo e trarne indicazioni operative utili al miglioramento, nella prospettiva di apprendere dall’esperienza. Inoltre, i territori sono accompagnati grazie ad iniziative di formazione, occasioni di confronto tra operatori di diverse realtà, scambio di esperienze, linee guida. Infine, laddove la riforma risulti inattuata o presenti forti criticità, lo Stato interviene direttamente, ricorrendo a propri poteri sostitutivi.

• Il gradualismo nell’introdurre la nuova misura è sostenuto da diverse ragioni. Da una parte, permette di diluire il necessario incremento di risorse nel tempo, rendendolo meglio sostenibile dalla finanza pubblica. Dall’altra, solo in questo modo è possibile consolidare la misura assicurando adeguati tempi di apprendimento e di adattamento organizzativo a tutti i soggetti chiamati ad erogarla nel territorio (Comuni, Terzo settore, Centri per l’impiego e così via). Trattandosi di un’innovazione ambiziosa per il nostro sistema di Welfare, che lo spinge ad un robusto cambiamento sul piano organizzativo, procedere per gradi e fornire allo stesso tempo tutti gli strumenti necessari al livello locale sono condizioni non rinunciabili per il suo successo.

 Il finanziamento e la spesa 

A regime, la misura costerebbe 6062 milioni di euro annui. Con questa cifra si colmerebbe la distanza tra la spesa pubblica destinata in Italia alla lotta contro la povertà e la media europea.

• La metodologia adottata per il reperimento delle risorse necessarie si articola in tre passaggi: – definizione dei criteri di accettabilità delle strategie di finanziamento: concretezza, equità ed efficienza;

– individuazione di un mix di misure di minori spese e/o maggiori entrate che rispettano tali criteri, per un ammontare complessivo di risorse ben superiore al necessario;

– Scelta delle opzioni di finanziamento da parte del livello politico.

• Secondo i promotori, con il metodo proposto si potrebbero recuperare tra 13 e 18,8 miliardi di euro l’anno, largamente superiori ai 6 miliardi calcolati per il Reis.

• Il reperimento delle risorse necessarie rispetterebbe i fondamentali principi di giustizia sociale e sostegno allo sviluppo economico

Uno strumento per una maggiore autonomia 

Le famiglie necessitano di azioni capaci non solo di tamponare lo stato di povertà (la mancanza di denaro) ma anche di agire sulle cause (i fattori responsabili delle difficoltà di vita), consentendo loro, dove possibile, di uscire da questa condizione e, in ogni caso, di massimizzare la propria autonomia. È il compito dei servizi alla persona, che lo svolgono fornendo competenze e/o aiutando ad organizzare diversamente la quotidianità. Il Reis, dunque, prevede – a fianco del contributo monetario – l’erogazione dei servizi (per l’impiego, formativi, di cura e altri).

Poiché offrire servizi di qualità rappresenta una sfida particolarmente impegnativa, la proposta prevede la creazione di tutti i presupposti necessari per vincerla, cominciando da un adeguato pacchetto di risorse economiche destinate ai servizi nel budget del Reis. Un’altra condizione per il successo dei servizi consiste in una fattiva co-progettazione tra Comuni (associati negli Ambiti Sociali), Terzo settore e altri soggetti del Welfare locale, a partire da Centri per l’impiego, servizi socio-sanitari, scuola e formazione regionale. Inoltre, si dovrebbe costruire l’“infrastruttura nazionale del Welfare locale”, cioè un insieme di strumenti che lo Stato – in collaborazione con le Regioni – fornisce ai servizi locali affinché possano operare al meglio: oltre alla risorse, percorsi di accompagnamento e formazione, momenti di condivisione di esperienze tra diverse realtà, monitoraggio e valutazione dell’esperienza, interventi diretti nei contesti in grave difficoltà.

Per saperne di più, visita il sito di Reddito d’inclusione sociale [2]

Per saperne di più, visita il sito del Reddito d’inclusione sociale [2]

 


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