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Cresce in Europa la popolazione senza dimora

Posted By Redazione On 02/06/2013 @ 08:37 In 10 - Cerchiamo dimore,Notizie | No Comments

[1]La condizione di “senza fissa dimora” è sempre più diffusa in Europa e tutti gli studi in materia segnalano un aumento, verificatosi negli ultimi anni, del numero di persone senza dimora nella quasi totalità dei Paesi dell’Unione Europea (UE).

Data la non omogeneità dei criteri di valutazione e rilevazione nei vari Stati membri, al momento non esistono statistiche ufficiali a livello europeo. Quindi, in attesa del 2014 quando saranno disponibili i dati raccolti col censimento svoltosi nel2011, alivello quantitativo ci si deve affidare ad alcune stime, la più recente e ufficiale delle quali è quella avanzata dalla Commissione Europea in una Comunicazione del febbraio scorso dal titolo Confronting Homelessness in the European Union: in una qualsiasi notte le persone senza casa nell’Unione Europea potrebbero essere circa 410.000, il che implica che oltre 4 milioni di persone sono esposte ogni anno al rischio di essere senza dimora per un periodo più o meno lungo, mentre oltre 3 milioni di persone hanno dichiarato di sentirsi a rischio homelessness in un sondaggio Eurobarometro svolto nel 2010. «Tutti i segnali indicano un peggioramento del problema dei senzatetto nell’Unione Europea dal 2008. Mentre la crisi finanziaria ed economica in corso accresce il numero dei senza lavoro e delle persone povere che necessitano di protezione sociale, il rischio di essere senza dimora è in aumento nella maggior parte degli Stati membri» osservala Commissione Europea, segnalando alcuni importanti fattori di rischio legati alla crisi: l’aumento della disoccupazione, appunto; l’aumento dei costi delle abitazioni (il 40% delle persone a rischio di povertà si dichiara oberato dai costi degli alloggi), dei mutui e degli affitti arretrati, del sovraindebitamento; il conseguente aumento degli sfratti e dei pignoramenti; la maggior esposizione di un numero più elevato di persone a periodi prolungati di assenza di abitazione; la diminuita prevenzione dovuta ai tagli al Welfare dettati dalle politiche di risanamento di bilancio.

La condizione di senza dimora è sempre il risultato di un complesso di cause strutturali, istituzionali, sociali e personali, cioè dovuta ad un accumulo di fattori di vulnerabilità e non a un’unica causa. La crisi può però costituire una concausa aggravante: la disoccupazione e le difficoltà finanziarie possono cioè mettere sotto pressione le relazioni personali, aumentando il rischio di disgregazione familiare che è un altro importante viatico all’homelessness.

Nel suo ultimo Rapporto annualela Federazioneeuropea delle organizzazioni nazionali che lavorano con le persone senza dimora (FEANTSA, vedi box a pag. 4) nota che mentre per alcuni Paesi europei le informazioni disponibili non sono sufficienti ad affermare che la crisi ha causato un aumento dei senzatetto, per altri la correlazione risulta essere piuttosto evidente. «La crisi è stata identificata come un fattore chiave dell’aumento dei senzatetto negli ultimi 5 anni in Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna e Regno Unito. In Portogallo e Spagna si è registrato un aumento del 25-30% della domanda di servizi per persone senza dimora dall’inizio della crisi, mentre in Grecia si stima un aumento di almeno il 25% della popolazione senza casa, non solo nella capitale ma anche nei piccoli centri» si legge nel Rapporto. Dato però il basso livello di monitoraggio del fenomeno svolto finora, notala FEANTSA, è possibile che in alcuni Paesi l’incremento del numero rilevato di senza dimora possa anche riflettere un miglioramento nella raccolta dati nonché l’espansione dei servizi disponibili.

 

[2]Homeless: una popolazione in trasformazione

 Dalla fine degli anni Novanta e ancor di più dall’inizio della crisi, cioè dal 2008, è cambiata la composizione della popolazione dei senza dimora in Europa, tradizionalmente costituita in prevalenza da uomini di mezza età, con problemi sociali, sanitari e psicologici di lunga data. Ebbene, come evidenziato i più recenti studi in materia, oggi il rischio della condizione senza dimora si è esteso a persone più giovani e più anziane, nuovi disoccupati, vittime di strozzinaggio e più in generale persone a basso reddito, donne, divorziati e separati, famiglie monoparentali e con bambini, persone con problemi di salute, persone deistituzionalizzate (che lasciano carceri, ospedali, istituti e case di cura), migranti, rom e membri di altre minoranze. Inoltre, pur rimanendo un fenomeno prevalentemente urbano si è esteso anche ai piccoli centri e alle zone rurali.

Molti di questi “nuovi entranti” nella popolazione senza dimora, sottolinea il Rapporto FEANTSA, «è improbabile che fossero considerati a rischio di homelessness prima della crisi». L’aumento delle difficoltà di vario genere causate dalla crisi, da un lato, e l’insufficienza o addirittura la diminuzione di risposte adeguate di protezione sociale come conseguenza del forte ridimensionamento dei sistemi di Welfare, dall’altro, hanno quindi accelerato per molte persone il passaggio dalla condizione di vulnerabili a quella di vulnerati, ampliando e diversificando sempre più la popolazione senza dimora in Europa.

 

Giovani, disoccupati e senza dimora

 L’aumento dei giovani all’interno della popolazione senza dimora è segnalato in almeno dieci Paesi dell’UE. Tra i giovani la transizione verso l’età adulta, che richiede l’in-serimento nel mercato del lavoro e il passaggio a una vita indipendente, può essere un periodo ad elevato rischio.

Una delle principali cause di aumento strutturale dei giovani senza dimora è infatti la disoccupazione, cresciuta in modo drammatico in molti Paesi europei in seguito alla crisi: il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto addirittura il 58,4% in Grecia e il 55,7% in Spagna, ma è anche molto elevato intorno al 38% in Portogallo e Italia. Altri fattori di rischio sono costituiti dalle disgregazioni familiari, dalla mancanza di una rete familiare o amicale di supporto, dalle deistituzionalizzazioni e dai bassi livelli di formazione: uno studio della Commissione Europea ha rilevato che circa il 70% dei giovani senza dimora aveva lasciato la scuola con al massimo una formazione secondaria inferiore. Il precoce abbandono scolastico è poi strettamente collegato agli alti livelli di disoccupazione giovanile, che incidono sui rischi di homelessness quanto gli altri problemi che caratterizzano ormai l’occupazione giovanile: lavori precari, contratti a tempo determinato e part time senza adeguato accesso ai servizi di protezione sociale possono innescare percorsi di disagio ed emarginazione che sfociano nella condizione di senza dimora.

Anche le condizioni familiari sono quasi sempre decisive: numerose famiglie a basso reddito fanno fatica a sostenere i loro figli a scuola, soprattutto durante l’adolescenza, mentre i giovani provenienti da contesti svantaggiati sono più spesso esposti a problemi di salute mentale e fisica, abuso di droghe, gioco d’azzardo e microcriminalità, sgomberi forzati. Va sottolineato che molti giovani senza dimora tendono a rimanere “invisibili” perché ospitati temporaneamente da amici o parenti.

 

Più donne e molti immigrati

Per rimanendo quello dell’assenza di dimora un fenomeno prettamente maschile, sta aumentando il numero di donne a rischio o esposte al problema: si stima che le donne rappresentino una percentuale dell’11-17% dei senza dimora che vivono in strada e del 25-30% di tutte le persone senza fissa dimora in Europa. Le donne, spesso sole o sole con figli, hanno maggiori probabilità di trovarsi in alloggi precari o inadeguati, mentre tendono a trascorrere periodi più brevi degli uomini in dormitori o centri per senza dimora. L’aumento del numero rilevato di donne senza dimora, osservano i principali studi in materia, è dovuto sia a una loro maggior visibilità sia al cambiamento della struttura familiare tradizionale, con più divorzi e disgregazioni familiari ma anche un numero maggiore di persone (e quindi anche donne) che vivono sole più a lungo. Soprattutto in alcuni Paesi, poi, anche la violenza domestica può contribuire alla condizione di senza dimora tra le donne.

Anche la quota di immigrati è in forte aumento nella popolazione homeless e in vari Paesi europei gli stranieri costituiscono ormai la maggioranza delle persone senza dimora. Ciò è naturalmente determinato dall’aumento delle migrazioni verso e all’interno dell’Europa, ma riflette anche la specifica vulnerabilità alla povertà e all’esclusione sociale dei migranti causata da: lavori precari e spesso sottopagati, limitato accesso alla sicurezza sociale e ai servizi sociali causa uno status amministrativo spesso precario, l’impatto di politiche inadeguate sia per quanto riguarda l’accoglienza e l’integrazione dei cittadini stranieri immigrati sia per quanto concerne la condizione di richiedenti asilo e rifugiati.

 

Casa e lavoro per il reinserimento sociale

L’esclusione abitativa, cioè essere privi di casa o di una casa dignitosa, è considerata dall’Unione Europea la manifestazione più seria di povertà ed esclusione sociale e si stima riguardi circa il 6% della popolazione. Per assicurare il diritto alla casa i Paesi dell’UE, soprattutto quelli nordeuropei, hanno predisposto o attuato politiche di social housing (edilizia sociale e popolare). Nell’ultimo decennio la richiesta di social housing è aumentata in tutta Europa mentre l’offerta è diminuita, situazione ulteriormente amplificata dalla crisi degli ultimi anni. Solo recentemente alcuni Paesi (la Franciasu tutti) hanno ripreso a investire nel social housing considerandolo un efficace ammortizzatore sociale. In generale i soggetti pubblici stanno comunque riducendo il proprio impegno nel campo del social housing, delegando al settore privato la costruzione e l’offerta di nuovi alloggi.

Il lavoro è l’altro fattore determinante per il reinserimento sociale delle persone senza dimora, perché può dare indipendenza economica e accrescere l’autostima, ma si tratta spesso di un percorso lungo e complesso dati gli svantaggi in termini di occupabilità dovuti ai frequenti problemi di salute fisica o mentale, basso livello di istruzione, mancanza di una residenza e di un conto bancario. Le aspettative circa il successo e la velocità del reinserimento lavorativo devono quindi essere realistiche, tanto più in un periodo di forte crisi occupazionale come quello attuale. Un recente studio svolto a Londra ha rilevato che oltre la metà dei senza dimora avviati al lavoro ha mantenuto l’occupazione per almeno 6 mesi, ma dopo un anno erano solo più un terzo.

La raccolta di dati per comprendere meglio profili, competenze ed esigenze facilita lo sviluppo di politiche per aumentare l’occupabilità delle persone senza dimora, così come la formazione di competenze, mentre programmi integrati e mirati per il reinserimento lavorativo si sono dimostrati efficaci anche in termini di motivazione delle persone coinvolte. In molti Paesi europei poi, compresa l’Italia (vedi pag. 17), uno strumento utilizzato per riavvicinare le persone senza dimora al lavoro è costituito dalla vendita di giornali di strada, mentre in generale sono le organizzazioni e le attività del privato sociale a svolgere un ruolo fondamentale per il reinserimento lavorativo. Certo, così come un lavoro precario può contribuire all’impoverimento un lavoro di qualità può essere determinante per l’inclusione sociale. Programmi mirati in alcuni Paesi europei, poi, comprendono sia soluzioni abitative che misure per l’occupabilità.

Commissione Europea DG Affari sociali  [3]

 Housing Europe  [4]

Feantsa [5]

 Broadway London  [6]

 


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[4]  Housing Europe : http://www.puntidivistafactory.euwww.housingeurope.eu

[5] Feantsa: http://www.puntidivistafactory.euwww.feantsa.org

[6]  Broadway London : http://www.puntidivistafactory.euwww.broadwaylondon.org

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