Dentro la povertà

scritto da Giovanni Perini il 30 October 2015 in 19 - Povertà plurali and Opinioni con commenta

immagine per articolo Perini pdv 19.pdfIl Rapporto di Caritas Italiana sulla povertà e l’emarginazione sociale del 2015 porta l’inusuale e riflessivo titolo di Povertà plurali. A volte le parole riescono a dar voce a sensazioni ed esperienze rimaste nel profondo delle nostre coscienze, ma ancora incapaci di manifestarsi perché non sapevamo come nominarle. Ci sono parole nuove che coprono vecchie realtà, che quindi ingannano, perché sono come il belletto sopra le rughe, ma ci sono parole nuove o combinazione di parole che di colpo, una volta dette o sentite, conquistano subito il nostro assenso, perché le sentiamo “vere”. La povertà infatti ha tante facce, si manifesta nei modi più impensati e contradditori e non sempre si lascia immediatamente riconoscere.

L’accento del Rapporto è messo sulla povertà alimentare, ma viene annodata a tante altre povertà che ne sono la causa o le conseguenze.

 

La catena delle povertà

Si potrebbe addirittura costruire la catena delle povertà. A cominciare dal fenomeno, ben conosciuto nei nostri Centri di ascolto, di persone e famiglie che vengono a chiedere il pacco alimentare o la possibilità di frequentare una mensa insieme con le innumerevoli persone che per strada chiedono qualcosa per comprare da mangiare. Eppure, secondo il Rapporto questa esigenza è leggermente diminuita per lasciare posto ad altre richieste, tipiche del periodo di crisi che stiamo ancora vivendo. La mancanza o la scarsità di cibo è infatti una conseguenza della mancanza di denaro, a sua volta conseguenza della mancanza di lavoro che prese nel loro complesso producono ulteriori forme di povertà, come rottura di legami, isolamento, depressione, emarginazione, senso di inferiorità e tutte le altre fragilità che come da un vaso di Pandora escono ad avvelenare la vita di molte persone.

Per fortuna le nostre Caritas nella maggior parte dei casi hanno la possibilità di intervenire sul problema della fame, a differenza delle enormi difficoltà o impossibilità a fare qualcosa nel campo del lavoro. D’altra parte tutti abbiamo consapevolezza di non poter arrivare a tutto e risolvere tutti i problemi che la gente, con sofferenza, ci porta. Lo stesso Rapporto di Caritas ci ricorda la realistica affermazione di Gesù che ci assicura che i poveri li avremo sempre con noi.

 

Dimostrare di aver  imparato la lezione

È interessante fermarci un momento su questa espressione, che potrebbe sembrare a prima vista quasi un atto di cinismo di Gesù. In realtà, se andiamo un po’ più a fondo e scartiamo l’idea che Gesù abbia voluto fare una dichiarazione di sociologia, possiamo trovare almeno due buone ragioni per accogliere queste parole. La prima è che i poveri sono sempre con noi perché lo stesso Gesù, che si fa solidale con i poveri, è sempre con noi. I poveri sono la manifestazione sacramentale di Gesù. In secondo luogo l’affermazione vuole provocarci a intervenire, a costruire una società giusta, a praticare la condivisione e la solidarietà, a scuotere la nostra coscienza da una religione dell’intimità, a portare cioè nel mondo i segni della presenza del suo Regno.

E poi questa crisi, da cui sembra che si stia lentamente uscendo, ci apre due strade davanti: una è quella di continuare come se nulla fosse, azzerando questi anni e ricominciando come prima, l’altra è di aver imparato la lezione per cui l’avidità, il denaro, l’inganno non pagano e modificare i nostri stili di vita introducendo forme più decise di sobrietà, di rispetto delle cose e del creato, di livelli semplici di vita, passando da atteggiamenti positivi, ma dettati da mentalità assistenzialiste, a una maggiore accentuazione dei diritti delle persone e delle comunità, ad una vita costruita sull’autosufficienza economica. Senza la fondazione del diritto sarà difficile estirpare la povertà, almeno quella assoluta, che a volte entra diabolicamente in simbiosi con il nostro bisogno di fare e sentirci bene.

 

La “fantasia della carità”

Quante volte nel Vangelo si parla di pane e di cibo…e di fame! Si può anche solo ricordare come nella sua estrema concretezza Gesù abbia anteposto la fame dei discepoli che strappano spighe in giorno di sabato, alla legge che proibiva ogni forma di lavoro nel giorno festivo e ha chiesto a noi suoi discepoli di «dare da mangiare agli affamati», perché poi arriverà la domanda decisiva: «Avevo fame e tu cosa hai fatto?».

In questi lunghi anni di difficoltà economiche le Caritas all’interno delle comunità cristiane hanno operato mettendo in atto la “fantasia della carità”, come si esprimeva san Giovanni Paolo II. Mense, empori, distribuzione casa per casa, buoni acquisto, progetti di raccolte alimentari, accordi con la grande distribuzione, lotta allo spreco, forme di adozioni familiari sono parte delle risposte che le Caritas hanno trovato per venire incontro con sensibilità ai bisogni dei propri concittadini e questo ha prodotto una consapevolezza nuova in tanti cristiani, un nuovo senso di responsabilità sociale, una moderna forma di incarnazione. D’altra parte noi non siamo quelli che, sulla scia di Gesù, si riconoscono nello spezzare il pane?

 

 

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