Italia un Paese in sofferenza

scritto da Redazione il 17 March 2012 in 7 - E' stato sociale lo sarĂ  ancora? and Approfondimenti con commenta

I risparmi che potrebbero derivare dalla riduzione della spesa pubblica rischiano di essere «in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati a una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza».
L’avvertimento è giunto alla fine del 2011 dalla Corte dei Conti, secondo cui la riduzione della spesa sociale, oltre che essere «una strada difficile da percorrere», rischia di «produrre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto». Inoltre, preoccupa la «diffusa insoddisfazione per un sistema tributario in cui la contraddizione fra un elevato rendimento in termini di gettito e un forte tasso di evasione alimenta laceranti confitti distributivi». In molti casi poi, ha osservato la Corte dei Conti, con la spesa sociale «si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una “politica nascosta” di contrasto alla povertà».

PovertĂ  in aumento, ricchezza concentrata
Una povertà che è in aumento anche secondo i dati diffusi a inizio 2012 da Bankitalia, secondo cui «scende il reddito delle famiglie e aumenta la percentuale dei poveri».
Nel 2010, rileva l’indagine di Bankitalia, il reddito familiare medio annuo, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali, è stato pari a 32.714 euro, 2726 euro al mese: in termini reali il reddito medio nel 2010 è inferiore del 2,4% rispetto a quello riscontrato nel 1991, mentre la quota di individui poveri in Italia, vale a dire coloro che hanno un reddito equivalente o inferiore alla metà della mediana, è risultata pari al 14,4% nel 2010, in aumento di un punto percentuale rispetto al 2008. Quota che supera il 40% tra i cittadini stranieri. Parallelamente all’aumento della povertà, osserva Bankitalia, cresce la concentrazione della ricchezza in Italia: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 45,9% della ricchezza netta familiare totale, percentuale che era del 44,3% nel 2008.

Coesione sociale a rischio
A confermare una situazione generale di impoverimento e precarietĂ , sempre a inizio 2012 sono poi giunti i dati forniti dal secondo Rapporto sulla Coesione sociale, curato da ISTAT, INPS e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Secondo le rilevazioni relative al 2010, in Italia le famiglie in condizione di povertà relativa sono 2 milioni 734.000 (l’11% delle famiglie residenti), corrispondenti a 8 milioni 272.000 individui poveri, il che equivale al 13,8% dell’intera popolazione. Il 10,2% delle persone vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, dove cioè meno del 20% del tempo teoricamente disponibile è impiegato in attività lavorative.
Nel corso degli anni, osserva il Rapporto sulla Coesione sociale, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, soprattutto per quelle con figli minori e residenti nel Mezzogiorno, per le famiglie dove convivono più generazioni e per quelle con un solo genitore.
L’incidenza della povertà relativa raggiunge il 28% fra i minorenni se questi vivono con i genitori e almeno due fratelli (è al 10,7% se si fa riferimento alla povertà assoluta), mentre supera il 33% (11,8% nel caso della povertà assoluta) se vivono in famiglie con membri aggregati.
In Italia, il rischio di povertà o di esclusione sociale è relativamente maggiore per le famiglie con tre o più figli, soprattutto se minori, e per quelle monogenitoriali. La situazione delle coppie con figli non tutti minori appare più o meno critica in relazione alla partecipazione al mercato del lavoro di almeno due percettori di reddito.
Guardando all’Europa, aggiunge il Rapporto, i quattro Paesi meridionali Spagna, Portogallo, Grecia e Italia, insieme al Regno Unito, sono quelli caratterizzati dal maggior grado di disuguaglianza nella distribuzione dei redditi tra i “vecchi” Stati membri dell’Unione Europea.

Le principali vittime dei tagli
Il Rapporto sulla Coesione sociale prende poi in esame le spese per i servizi socio-assistenziali. Nel 2008 i Comuni italiani, in forma singola o associata, hanno destinato agli interventi e ai servizi sociali 6 miliardi e 662 milioni di euro, un valore pari allo 0,42% del PIL nazionale. La spesa media pro capite è pari a 111 euro, ma le deferenze territoriali sono significative: si va da un minimo di 30 euro in Calabria a un massimo di 280 euro nella provincia autonoma di Trento. Al di sopra della media nazionale si collocano tutte le regioni del Centro-Nord e la Sardegna, mentre il Sud (escluse le Isole) presenta i livelli più bassi di spesa media pro capite (52 euro), circa tre volte inferiore a quella del Nord-Est (155 euro).
Dando uno sguardo ai principali destinatari delle prestazioni di Welfare locale si può capire chi saranno i più colpiti dai tagli ai finanziamenti di questi servizi: famiglia e minori, anziani e persone con disabilità costituiscono le tre aree di utenza in cui si concentra l’82,6% delle risorse impiegate, rileva il Rapporto sulla Coesione sociale.
Le politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale incidono per il 7,7% della spesa sociale, mentre il 6,3% è destinato ad attività generali o rivolte alla “multiutenza”. Le quote residue riguardano le aree di utenza “immigrati e nomadi” (2,7%) e “dipendenze” (0,7%). Il 38,7% della spesa è destinato a interventi e servizi, il 34,7% a sostegno di strutture, il rimanente 26,8% ai trasferimenti in denaro.
Forti le deferenze tra le diverse aree del Paese, osserva il Rapporto. Nelle regioni del Sud quote di spesa significative sono destinate alle politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale: il 12,3% nel complesso dell’area, a fronte di una media nazionale del 7,7%, con un picco del 23,8% in Calabria.
Nelle regioni del Nord un volume maggiore di risorse è impiegato per la cura degli anziani e, soprattutto nel Nord- Est, dei disabili. La quota di spesa destinata a interventi e servizi per i disabili è elevata anche nelle Isole (29,1%).
L’area di utenza “disabili” è anche quella che registra i livelli di spesa pro capite più elevati, in media 2500 euro, valore che sale a 5000 euro nel Nord-Est.

Fonti: www.corteconti.it, www.bancaditalia.it, www.istat.it

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