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La normalità dell’intraprendere

Posted By Enrico Panero On 16/06/2012 @ 16:57 In 8 - Ripartire...,Eventi,Notizie | No Comments

120522_Torino_21_albero_ridUn’occasione per guardare alla vulnerabilità con sguardo intraprendente e generativo, questo il senso dell’iniziativa svoltasi a Torino il 22 maggio scorso dal titolo “La bellezza dell’intraprendere: il punto di vista della generatività. 100 minuti di idee”, un dialogo tra l’Osservatorio della Caritas Diocesana di Torino e l’Archivio della Generatività Italiana [1] che ha coinvolto oltre 170 persone con ruoli di responsabilità in ambito politico, economico e sociale.

La Caritas Torino ha inteso così continuare l’esperienza realizzata nell’ottobre 2010, denominata “Torinomeforwe”, con la quale aveva voluto destare l’attenzione delle istituzioni locali sul tema della responsabilità verso la vulnerabilità. Rispetto a due anni fa, «oggi siamo più esperti di vulnerabilità, perché essa si manifesta sia nella vita quotidiana di tutti sia nei nostri sistemi economici, politici, istituzionali e tecnici» ha sottolineato il direttore della Caritas Torino, Pierluigi Dovis, ponendo l’interrogativo generale se questa vulnerabilità possa “generare il nuovo”.

La risposta è stata ricercata proponendo, durante l’incontro di Torino, punti di vista di soggetti che in vario modo promuovono visioni e azioni innovative sul modo di interpretare lo “stare insieme” nella società e nell’economia, «perché – spiegano i promotori dell’iniziativa – il sociale non sia solo luogo dove si addensano i problemi e l’economia solo spazio dominato dalla finanza, bensì siano entrambi ambiti dove si realizza in modo fecondo lo scambio di beni materiali e relazioni, per vivere il presente e il futuro 120522_Torino_22_Tiziana_ridresponsabilmente». I punti di vista, le visioni e le azioni presentate, così come le persone invitate al dialogo, sono profondamente diversi tra loro e proprio qui sta la ricchezza ricercata dall’iniziativa torinese: solo attraverso la diversità degli sguardi, che colgono e assumono aspetti diversi, e la contaminazione di ambiti è possibile costruire una visione nuova e complessa delle questioni fondamentali che attraversano il vivere quotidiano. «Stiamo raccogliendo e mettendo in dialogo frammenti di realtà. Crediamo che guardare fuori dal conosciuto aiuti a capire meglio ciò che capita nel proprio contesto. Pensiamo che creatività, responsabilità e non strumentalità siano le chiavi per gettare il cuore oltre l’ostacolo e ricominciare a intraprendere» sostiene Tiziana Ciampolini, responsabile dell’Osservatorio Caritas Torino.

Eccole allora le esperienze di intrapresa innovativa e generativa presentate durante i “100 minuti di idee”, con le parole chiave scelte dai protagonisti come sintesi estrema per evitare un logos troppo spesso ridondante.

L’intuizione e l’operosità hanno caratterizzato l’esperienza raccontata in 5 minuti da Alessandra Girardi, madre di quattro figli e 120522_Torino_18_ridimprenditrice della Nico-Design Italian Eyewear Designer, azienda che studia e realizza montature di occhiali e che ha fatto uno «sforzo rilevante per cercare di portare avanti un progetto, rischiando su strade nuove, non battute», ma che proprio grazie a questo approccio generativo ha ottenuto buoni risultati in un contesto economico, finanziario, produttivo e commerciale non proprio favorevole.

Connessioni e fiducia sono invece le parole scelte da Paolo Campagnano per presentare in altri 5 minuti l’esperienza di The Hub Rovereto, nata dall’iniziativa congiunta di tre ragazzi con competenze diverse che «si sono messi in gioco per trovare una strada nuova» di intrapresa. Hanno così deciso di connettersi alla rete globale The Hub, costituita da 30 spazi in tutto il mondo dove è data la possibilità di realizzare idee nuove fornendo un duplice supporto: la struttura fisica, cioè lo spazio dove svolgere l’attività, e la rete che permette di non essere mai soli nella propria azione imprenditoriale. L’obiettivo è favorire lo sviluppo del territorio e delle persone attraverso facilitatori che permettono l’accesso a conoscenze, esperienze, opportunità, talento interdisciplinare e capitale finanziario. Il tutto caratterizzato da una «grande fiducia, tra le persone e nel futuro», mantenuta attraverso una «cura costante», delle varie esigenze e delle relazioni.

Officine culturali è il nome di un’organizzazione catanese impegnata per la valorizzazione del patrimonio artistico120522_Torino_19_ridrappresentato nello specifico dal Monastero di San Nicolò l’Arena, prestigiosa sede dell’Università di Catania e “patrimonio dell’umanità” secondo l’Unesco. Cultura e patrimonio sono le due parole chiave attraverso le quali la presidente di Officine culturali, Anna Mignosa, ha raccontato, anch’essa in pochi minuti, l’esperienza catanese sviluppatasi in stretta collaborazione con la fondazione olandese Creare, che si occupa di economia della cultura: «Il nome che abbiamo scelto mette insieme i luoghi del lavoro e della fatica fisica con la cultura. Ma cultura non è sinonimo di intellettualità. È cultura la 120522_Torino_01_sx_ridletteratura di un territorio quanto la sapienza dei suoi artigiani, le storie oralmente tramandate quanto la scultura degli artisti. Lo sono, a modo loro, anche le pratiche di un’officina dove si fatica e si lavora. Vogliamo raccontare questa cultura che il Monastero magicamente riassume».

Mettere insieme le azioni di contrasto alla povertà che le organizzazioni radicate sul territorio portano avanti, proponendo nuovi collegamenti e associazioni, mescolando elementi noti in altri modi per vedere cosa succede: questa l’approccio generativo diActionAid International presentato da Beatrice Costa, responsabile per l’organizzazione dello Sviluppo in Italia. La vulnerabilità è una condizione transitoria che deve evolversi e durare il minor tempo possibile, sostiene ActionAid secondo cui l’unica risorsa consiste nell’ascoltare un territorio, senza risposte preconfezionate e soluzioni da proporre ma invece cercando insieme le risorse. In questo senso vanno interpretate le due parole chiave proposte da Costa: «Essere stranieri, in quanto condizione generativa che obbliga a partire da zero con l’umiltà del ricollocamento, dunque in situazione di vulnerabilità, per scoprire luoghi e persone non noti e quindi generare; porosità, perché solo un luogo e un approccio poroso permettono il meticciato, fecondo e creativo».

120522_Torino_10_ridL’interdisciplinarità, con la ricerca di approcci più complessi e di sguardi plurali, è invece alla base dell’esperienza narrata da Francesco Laruffa, giovane studente di Economia spinto a ricercare in altri Paesi europei strade multidisciplinari e di contaminazioni di ambiti, difficilmente percorribili in Italia. «Solo recuperando questi sguardi plurali sulla società, e quindi salvaguardandone la complessità, si possono rimettere al centro della riflessione l’uomo e le sue speranze» sostiene Francesco, il cui obiettivo è poterlo fare in Italia.

«La responsabilità non è un peso ma una possibilità di agire in modo creativo, generativo, bello per me e per gli altri. Io voglio essere una portatrice sana di generatività nei contesti in cui vivo» ha infine dichiarato Valentina Porcellana,120522_Torino_03_ridricercatrice poliedrica presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, che stimola i suoi studenti a «percorrere il nuovo e l’inconsueto» formandoli, e formandosi, all’intrapresa. Secondo Porcellana è sempre più necessario percorrere nuove strade, «magari anche zoppicando, ma bisogna farlo insieme in modo creativo e responsabile».

Ecco come è stata raccontata la “normalità dell’intraprendere” nel corso dei “100 minuti di idee”. «Piccoli buoni esempi per trovare nuove strade di una generatività che si impone» ha osservato il direttore di Caritas Torino, Dovis. Frammenti di una realtà dove «c’è molta più ricchezza di quella che riusciamo a percepire», perché «troppo spesso resta invisibile» secondo Mauro Magatti, sociologo dell’Università Cattolica di Milano e promotore dell’Archivio della Generatività. «Se non si riformula un patto civile la competizione è distruttiva, e il patto è aperto alla vulnerabilità perché prevede il perdono. Questa dimensione pattizia, di alleanza, è fondamentale, perché oggi la gente soffre anche la mancanza di rapporti e relazioni oltre che di beni essenziali» ha sottolineato Luigino Bruni, economista dell’Università Milano Bicocca, individuando l’elemento generativo dei “100 minuti di idee” nella misura in cui il dialogo tra i partecipanti ha saputo indicare le mancanze e i bisogni attuali proponendo nuove idee e pratiche di intrapresa utili per costruire nuove risposte.

Alle parole chiave scelte dai vari “narratori di esperienze generative” si sono aggiunti i lemmi proposti da tutti i partecipanti e raccolti durante i “100 minuti”, al fine di creare un nuovo «lessico della generatività» che sarà alla base delle prossime iniziative promosse, a partire dal prossimo autunno, dall’Osservatorio Caritas Torino e dall’Archivio della Generatività, che si sono impegnati nella presa in carico e nella manutenzione delle relazioni aprendo un canale tra tutti i partecipanti, con l’obiettivo di raccogliere, comporre e mettere a disposizione azioni generative.

Enrico Panero per edc-online.org [2]
Per informazioni e commenti vai alla pagina dedicata all’evento [3]


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