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L’impatto della crisi: sintesi del Rapporto 2015 di Caritas Europa
Posted By Redazione On 01/03/2015 @ 19:05 In 14 - L'impatto della crisi,Approfondimenti | No Comments
[1]Sei anni e mezzo dopo il suo inizio, la crisi economica che ha colpito l’Europa continua a lasciare il segno sui cittadini: nonostante alcuni segnali di ripresa registrati negli indicatori macro-economici nel corso dei primi mesi del 2014, gli effetti della crisi appaiono ancora molto forti e persistenti. È aumentato drammaticamente il numero di famiglie che soffrono di grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro, si è esteso il rischio di povertà fino a colpire molte persone che un lavoro ce l’hanno. Una situazione diffusa a livello europeo ma che riguarda soprattutto i Paesi più “deboli”, quelli cioè che per vari motivi hanno subito maggiormente l’impatto della crisi economica, divenuta poi crisi sociale: Italia, Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda, Romania, Cipro. La condizione sociale in questi Paesi è al centro dell’analisi svolta da Caritas Europa nel suo terzo Rapporto di monitoraggio dell’impatto della crisi economica (Crisis Monitoring Report 2015), il cui titolo è piuttosto chiaro: Poverty and inequalities on the rise, cioè la povertà e le disuguaglianze sono in aumento e, sostiene Caritas Europa nel sottotitolo del Rapporto, l’unica soluzione possibile è rappresentata dalla necessità di modelli sociali.
Caritas Europa contesta fortemente il discorso ufficiale secondo cui il peggio della crisi economica è passato: «La crisi non è finita. I diritti sociali sono chiaramente messi in discussione in Europa a causa di una crisi economica evolutasi in una crisi sociale e sempre più politica. Le scelte politiche correnti, erodendo la dimensione sociale dell’Europa, stanno avendo un impatto estremamente negativo sulle persone vulnerabili».
Il Rapporto descrive un’Europa dove i rischi sociali sono in aumento, i sistemi sociali sono stati ridimensionati e gli individui e le famiglie stanno scivolando sempre più nella povertà. Un’Europa in cui la coesione sociale sta svanendo e dove la fiducia dei cittadini nelle istituzioni politiche è sempre più debole, mentre l’agitazione sociale è aumentata del 12% negli ultimi cinque anni, di più che in qualsiasi altra regione del mondo. Tutto ciò crea rischi anche a lungo termine, quali la diffusione di razzismo e xenofobia e l’intensificazione dell’odio sociale.
L’Unione Europea e i suoi Stati membri, osserva Caritas Europa, continuano ad affrontare la crisi in corso concentrandosi principalmente sulle politiche economiche, a spese delle politiche sociali. Il risultato è però che le politiche messe in atto stanno avendo un impatto devastante sui cittadini europei. Secondo Caritas Europa, «il fallimento dell’UE e degli Stati membri nel fornire sostegno alle persone che stanno vivendo queste difficoltà, nel proteggere i servizi pubblici essenziali e nel creare posti di lavoro, è probabile che prolunghi la crisi».
Un mercato del lavoro che esclude
Povertà: a rischio uno su tre nei Paesi “deboli”
In tema di povertà e di esclusione sociale, si evidenzia un’Europa a “due velocità”: alla fine del 2013 il 24,5% della popolazione europea (122,6 milioni di persone, un quarto del totale) era a rischio di povertà o esclusione sociale (1,8 milioni in meno rispetto al 2012). Nei sette Paesi presi in esame lo stesso fenomeno coinvolge il 31% della popolazione residente (+6,5% rispetto alla media UE28). L’Italia si posiziona su valori intermedi (28,4%). Il valore molto elevato della Romania (40,4%) dimostra come anche in presenza di alti tassi di occupazione la povertà possa comunque essere rilevante (in work poverty).
Molti tagli ai servizi sociali pubblici
Nel settore dell’assistenza socio-sanitaria, dal 2012 al 2013, vi è stato un forte declino della spesa sanitaria procapite, soprattutto in Grecia (-11,1%) e in Irlanda (-6,6%). In Italia la riduzione è stata pari allo 0,4%. Aumenta il numero di cittadini europei che rinunciano a cure mediche essenziali, a causa della necessità di partecipare economicamente alla spesa (22,8% in media nei sette Paesi caso-studio). Tale fenomeno si riflette nella domanda sociale che giunge alle Caritas: nel corso del 2013, in Italia, il 10,5% degli utenti dei Centri di ascolto ha richiesto una prestazione assistenziale di tipo sanitario, altrimenti erogabile dal servizio pubblico (+6% rispetto all’anno precedente).
[4]Ammettere il fallimento e ripensare la governance
Dal monitoraggio svolto Caritas Europa trae alcune conclusioni, partendo dall’evidenza che «il processo in corso è economicamente infondato, oltre ad essere ingiusto».
1) Le prove raccolte in questo e nei precedenti Report portano Caritas Europa a concludere che la politica di austerità non funziona per l’Europa e per questo si sollecitano politiche alternative. Ciò si pone in netto contrasto con la narrazione tradizionale secondo cui le politiche di austerità coordinate dall’UE sono necessarie per la governance europea: «Quando si esamina la situazione dal punto di vista delle persone vulnerabili è impossibile essere d’accordo» sottolinea Caritas. Ciò non significa che le riforme strutturali non siano necessarie, piuttosto che i leader europei devono riconoscere che l’attuale approccio sta fallendo in termini economici e sociali e che urge dunque una nuova strategia.
2) Nell’UE le priorità economiche hanno preso il sopravvento sulle priorità sociali e le istituzioni europee non riescono a comprendere il potenziale derivante da politiche volte a ridurre la povertà e l’esclusione sociale. L’insoddisfazione per l’attuale approccio, privo di equilibrio tra questioni economiche e sociali, è stato dimostrato dai cittadini con le elezioni del Parlamento europeo del 2014. Serve un nuovo approccio per realizzare l’Europa sociale promessa ai cittadini.
3) Esistono gravi lacune nei sistemi di protezione sociale di molti Paesi europei. Caritas Europa osserva come i sistemi di Welfare dovrebbe soddisfare almeno tre funzioni: l’investimento sociale (attraverso l’educazione, ad esempio), la protezione sociale (offrendo garanzie in tutto il ciclo di vita) e la stabilizzazione dell’economia (con gli ammortizzatori sociali). I sistemi di protezione, inoltre, aiutano a sostenere un grado di coesione sociale durante le crisi, ma la loro capacità di stabilizzazione è stata diminuita negli ultimi anni dalle varie misure adottate (in particolare dal 2010). Così molti lavoratori precari e giovani soffrono il doppio svantaggio di essere maggiormente vulnerabili alla disoccupazione e spesso privi di adeguata protezione sociale. Nel 2011, ricorda Caritas Europa, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di avviare una consultazione per esplorare la possibilità di una normativa per un sistema europeo di reddito minimo garantito, ipotesi supportata nel 2013 da un parere del Comitato economico e sociale europeo: «Con le evidenti carenze dei sistemi di protezione sociale in vari Paesi, i leader europei non dovrebbero continuare a ignorare questo problema» sostiene Caritas.
4) Deve essere trovata una soluzione equa alla crisi del debito. La trasformazione del debito bancario in debito sovrano deve essere riconosciuta come ingiusta e insostenibile e deve essere adottata una più equa ripartizione degli oneri, osserva Caritas Europa, secondo cui «deve essere affrontata la questione del rischio morale all’interno dei sistemi bancari europei, per evitare l’incentivazione a comportamenti sconsiderati».
5) È necessario che la leadership europea si assuma le responsabilità per il benessere dei cittadini più poveri e più vulnerabili. Ciò significa lavorare per rispettare gli obiettivi sociali concordati nella Strategia Europa 2020, fare in modo che le decisioni politiche siano prese considerando gli impatti a lungo termine e che siano sentiti i pareri dei cittadini e delle organizzazioni della società civile. «Si tratta – conclude Caritas Europa – di accettare il fallimento attuale, integrare le politiche economiche e sociali a livello comunitario e nazionale e forgiare un impegno a lungo termine per una società inclusiva, che a sua volta è necessaria per costruire un’economia veramente sostenibile».
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