Povertà plurali: Rapporto Caritas 2015

scritto da Redazione il 30 October 2015 in 19 - Povertà plurali and Approfondimenti con commenta

 

Il fenomeno della povertà è molto più diversificato e complesso di quanto appaia a prima vista. La povertà ha molte facce, è un puzzle complesso e poliedrico, composto da molti “tasselli”», ragioni per cui Caritas Italiana ha scelto di intitolare Povertà plurali il suo Rapporto annuale sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia presentato lo scorso 17 ottobre. Un titolo che intende rappresentare sia il moltiplicarsi del numero di persone che sperimentano quotidianamente le varie forme di povertà, sia i tanti e differenti percorsi, modalità e cause che contraddistinguono la povertà. A questa pluralità Caritas Italiana «tenta di fornire corpo e anima» attraverso i dati e le testimonianze, le storie e le esperienze che segnano i territori, le persone e le famiglie protagoniste del fenomeno. Nell’anno di Expo 2015 è data naturalmente un’attenzione specifica al tema della povertà alimentare, che rappresenta in Italia ancora un grande problema per numerosi cittadini, italiani e stranieri; tuttavia, spiega Caritas Italiana, «tale problematica fa parte di un più vasto e complesso universo di disagio economico che non può essere del tutto riconducibile alla carenza tout court di alimenti». Secondo i dati  contenuti nel Rapporto, nel triennio 2013-2015 è diminuita la percentuale di persone che ha espresso  richiesta di aiuto alimentare (dal 59,9% al 53% degli utenti), mentre è notevolmente aumentata la richiesta di sussidi economici (dal 23,3% al 29,7%). La richiesta di alimenti dunque, osservano gli autori del Rapporto, non esprime un bisogno solo alimentare ma soprattutto economico: «Così come si ha necessità di risorse economiche per sostenere l’acquisto di alimenti, allo stesso modo si ha necessità di denaro per fronteggiare altre voci di spesa, di cui si tenta di rimandare nel tempo, il più a lungo possibile, la soddisfazione: abiti, farmaci, libri di scuola, bollette, affitti ecc.».

 

Persone e famiglie  in difficoltà

Il Rapporto si basa sui dati raccolti da 1197 Centri di ascolto (CdA) Caritas in 154 diocesi, sui quasi 3000 CdA attivi complessivamente nelle 218 diocesi italiane, riferiti alle 170.803 persone che vi si sono rivolte nel corso del 2014 (una media di circa 142 persone a Centro).

Si tratta in maggior parte di stranieri (58,1%), ma si registra una crescita della percentuale di italiani passata in un anno dal 38,2% al 41,4%. La quota di italiani è più forte nel Sud (68,3%), sia perché la percentuale di stranieri residenti è minore sia perché il livello di povertà è più elevato. Tra coloro che si sono rivolti ai CdA nel 2014 prevalgono le donne (52,2%), i coniugati (48,6%), i disoccupati (61,7%), le persone con domicilio (78,4%) e con figli (70,4%). Non trascurabile poi, sottolinea il Rapporto, è la percentuale di chi, soprattutto stranieri, condivide l’abitazione con soggetti esterni alla propria famiglia (14%), situazioni che denotano una maggiore fragilità sociale.

Per definire ulteriormente il profilo delle persone in difficoltà, un altro dato importante è quello relativo alla dimora, distinguendo tra chi può contare su un domicilio e chi no. Le persone senza dimora intercettate dai CdA sono 27.664, il 19,9% del totale. Netta anche in questo caso la differenza tra Nord e Sud del Paese: nel Mezzogiorno la percentuale di chi è privo di un domicilio scende al 7,4%, arriva invece al 28,4% nel Nord. Tale fenomeno è strettamente legato alla presenza di stranieri nel Settentrione: dei senza dimora ascoltati dai CdA, infatti, il 64% è di nazionalità non italiana.

Richieste: soprattutto beni e servizi

Il problema/bisogno più frequentemente espresso dalle persone che nel 2014 si sono rivolte ai CdA Caritas è quello della povertà economica (54,6%), seguito dai problemi di lavoro (41%) e da quelli abitativi (18,2%). Le richieste più frequenti riguardano beni e servizi materiali (58%), l’erogazione di sussidi economici (27,5%), la ricerca di lavoro (17,4%). Si colgono delle differenze tra italiani e stranieri: più alta nei primi l’incidenza delle problematiche familiari (13,1%) legate per lo più alla conflittualità di coppia (separazioni/divorzi) e quelle inerenti la salute (11,2%); tra gli stranieri sono invece di maggiore impatto le problematiche abitative (19%), quelle legate all’immigrazione (9,2%) e all’istruzione (5,7%).

«Per meglio definire le difficoltà sul fronte del disagio materiale può essere utile uno zoom sulle microvoci che afferiscono alla voce “povertà economica”» osserva Caritas Italiana: tra coloro che hanno manifestato un bisogno di povertà prevalgono le situazioni di chi vive con un reddito insufficiente (42%), seguite con uno scarto di pochi punti percentuali dalle storie di coloro che vivono senza nessuna forma di reddito (33,9%). La classificazione adottata dal Rapporto non prevede una voce specifica legata al bisogno alimentare perché, spiegano gli autori, «la povertà di chi non è in grado di provvedere autonomamente all’acquisto di cibo, è quella di chi non può contare su un reddito sufficiente utile a garantire uno standard di vita accettabile per sé e per i propri cari».

 

Gli interventi attivati  dai CdA e dalle Caritas

A fronte delle richieste formulate, i CdA oltre all’ascolto si attivano con diverse forme di intervento. Prevalgono nettamente le forniture di beni e servizi materiali (56,3%), sia per gli italiani che per gli stranieri. Segue poi in seconda istanza l’elargizione di sussidi economici, distribuiti in modo preponderante agli italiani, in linea con le richieste espresse (26,2%). I dati, inoltre, dimostrano che i CdA svolgono un importante lavoro di orientamento ad altri servizi, soprattutto servizi socio-sanitari e/o realtà specializzate in questioni di lavoro come i patronati. A beneficiare di tali interventi sono soprattutto gli immigrati, presumibilmente i più fragili sul fronte amministrativo-legale (15,5%). Gli stranieri, inoltre, coerentemente con le richieste, sono stati i principali beneficiari di prestazioni sanitarie (9,3%) e di servizi di accoglienza/alloggio (5,3%). Per quanto concerne i servizi di aiuto alimentare promossi dalle Caritas diocesane, il Rapporto segnala come siano state attivate sia le forme tradizionali di aiuto quali le mense e  i centri di erogazione, sia quelle a carattere più innovativo e sperimentale sorte in questi ultimi anni, come gli empori o market solidali, i progetti di agricoltura sociale e i gruppi di acquisto solidale. Sono stati censiti 4305 tipi diversi di intervento/servizio, di cui: 3816 Centri di distribuzione viveri, 353 mense, 54 empori solidali, 82 progetti di agricoltura sociale.

 

Progetti e iniziative in costante aumento

Nel corso del 2014 Caritas Italiana ha accompagnato 147 Caritas diocesane nel percorso di presentazione, valutazione e approvazione di 290 progetti, pensati in risposta alle povertà presenti sui territori e finanziati con i fondi 8xmille. Nel corso degli anni si è osservato un aumento considerevole del numero di progetti e degli importi finanziati da Caritas Italiana/Cei: dai 118 progetti approvati nel 2012 ai 290 del 2014, anno in cui sono stati finanziati quasi 23 milioni di euro, a cui va aggiunta una compartecipazione economica delle diocesi di poco superiore ai 7,5 milioni, per un importo complessivo di oltre 30,5 milioni di euro.

I destinatari di questi interventi sono stati prevalentemente famiglie in difficoltà (più di un progetto su quattro), persone senza dimora (il 13,8% dei progetti) e immigrati (11,7%). Specifiche attenzioni sono state sviluppate per i minori, gli inoccupati, il supporto alle fasce giovanili della popolazione, alla prevenzione e il sostegno alle persone con problemi di salute e di dipendenza (da sostanze, farmaci, da gioco ecc.) e, più in generale, alla grave emarginazione.

Dal punto di vista della gestione operativa dei progetti, solo poco più di un progetto su quattro è gestito direttamente dalle Caritas diocesane, gli altri da associazioni di varia natura (26,6%), cooperative o consorzi (16,6%) e fondazioni (15,2%).

Accanto ai filoni di progettualità più tradizionali, a partire dal 2008 (anno di avvio della crisi economico-finanziaria) le Diocesi e le Caritas diocesane hanno promosso numerose iniziative “anti-crisi”, per rispondere ai bisogni e alle necessità dei cosiddetti “nuovi poveri”: il Rapporto ha registrato 1169 iniziative, attive su 214 diocesi nel 2014, oltre il doppio di quelle attivate nel 2010. Le aree di intervento sono state il microcredito per famiglie e aziende, il sostegno economico a fondo perduto, le pratiche innovative per l’acquisto di beni di prima necessità (empori di vendita solidali, carte acquisto, carte prepagate) e i progetti di consulenza e orientamento per il lavoro e per la casa. Nell’ultimo quinquennio si è avuto un incremento costante dei fondi diocesani di solidarietà e degli sportelli di orientamento.

 

Lezioni imparate e non

Che tipo di lezioni sono state apprese dalle conseguenze economico-sociali della crisi? Il Rapporto prova a rispondere a questa domanda: «Dal punto di vista Caritas è innegabile riscontrare l’aumento complessivo di attenzione alla povertà, alle situazioni di disagio delle persone e delle famiglie. È altrettanto innegabile la riscoperta di antiche forme di solidarietà e prossimità, come i gemellaggi, gli affiancamenti, le adozioni a distanza, non solo di persone ma di famiglie, di intere comunità locali. Anche sul piano dei comportamenti individuali, per esempio sul piano dei consumi, si colgono elementi positivi, che vedono nella riscoperta del valore dell’essenzialità un aspetto centrale, di grande importanza». Dal punto di vista delle risposte istituzionali, invece, si osserva una gran confusione nelle risposte alla povertà (si veda al proposito “puntidivista” n. 18).  Eppure, osserva Caritas Italiana, è possibile intervenire sulla povertà e ridurne l’impatto, come dimostrano alcune esperienze europee: dal 2008 al 2012, mentre in Italia la povertà è cresciuta del 12,3% (dal 25,3% al 28,4% delle persone residenti), riduzioni del fenomeno sono state registrate in Svizzera (-9,9%), Austria (-8,7%), Francia, Finlandia, Repubblica Ceca e Norvegia. Ciò è possibile però solo adottando «metodi adeguati e innovativi, in grado di passare da un modello assistenzialistico a un approccio in cui le varie dimensioni costitutive del Welfare siano intrecciate e dialoghino tra di loro. Un modello di intervento caratterizzato da innovazione, capace di promuovere crescita, sviluppo e benessere umano e sociale».

 

 

 

Fonte e informazioni: Caritas Italiana, Rapporto povertà ed esclusione 2015

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