Puntidivista n 14 – Editoriale
Sei anni e mezzo dopo il suo inizio, la crisi è tutt’altro che finita soprattutto per quanto concerne il suo impatto sui cittadini: nell’Unione europea si stimano 133 milioni di persone che vivono in povertà , oltre 24 milioni di disoccupati, circa il 10% della popolazione in condizioni di grave deprivazione materiale. Se poi si prendono in considerazione i Paesi meno “attrezzati” a sopportare le conseguenze della crisi e quindi colpiti più duramente, allora tutti gli indicatori di povertà e disagio di individui e famiglie salgono ulteriormente rispetto alla media europea. Contemporaneamente, le politiche di austerità adottate dai governi europei per contenere la spesa pubblica hanno ridimensionato molti servizi socio-sanitari, con gravi conseguenze sulle fasce più deboli e vulnerabili che sempre di più si rivolgono al volontariato. «Questa non è la crescita inclusiva di cui si parla nella strategia Europa 2020» sostiene Caritas Europa nel suo Crisis Monitoring Report 2015, chiedendo ai leader politici europei di ammettere il fallimento in termini economici e sociali dell’approccio messo in atto finora, di assumersi le responsabilità per il benessere dei cittadini più vulnerabili e di «forgiare un impegno a lungo termine per una società inclusiva, necessaria per costruire un’economia sostenibile». Caritas Europa propone di introdurre una «poverty proof», cioè una valutazione dell’impatto che i provvedimenti pubblici hanno sui più deboli.
In attesa che ciò avvenga, chi come Caritas lavora direttamente con le persone in difficoltà cerca di dare risposte immediate e concrete, sempre più differenziate e innovative perché aumentano l’eterogeneità e la complessità delle domande. Risposte che in molti casi connettono le risorse già presenti sui territori creando azioni di sistema, fino a diventare vere e proprie sperimentazioni di “nuovo Welfare”, pratiche generative che possono tradursi in politiche sociali. Senza neanche la richiesta del copyright.