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Sette ispirazioni, sette aspirazioni sulla generatività

Posted By Redazione On 07/10/2012 @ 10:22 In 8 - Ripartire...,Opinioni e commenti | No Comments

[1]Dalle grandi crisi si esce innovando, a condizione di imparare la lezione che la storia ci vuole insegnare. E la storia ci insegna di un periodo di espansione che ci ha consegnato dei “buoi” esausti, ingrassati, depressi, indebitati, delle “balene” spiaggiate. Dobbiamo reimparare la nostra vulnerabilità, cioè che oltre a essere potenza siamo impotenza. Dobbiamo cominciare a vivere una fase che dopo l’espansione che si pensava infinita deve fare i conti con una contrazione, intesa anche come travaglio e non solo come riduzione. La crisi è sempre opportunità e dalla crisi si esce innovando.La prima idea è che stiamo vivendo un tempo bello, desiderabile, un tempo di sfida che può riattivare le nostre energie che si erano disperse.

Seconda idea, seconda ispirazione/aspirazione. Generare significa mettere al mondo e prendersi cura di qualcosa che ha valore, al di là della stagnazione. Mettere al mondo qualcosa che merita la nostra vita, che merita la nostra passione, qualcosa di bello, di giusto, di vero. Nel mondo in cui i valori non possono più essere delle parole, ma hanno bisogno di essere incarnati, noi viviamo la fortunata condizione della libertà dei liberi, in cui abbiamo appunto la possibilità di mettere al mondo i nostri valori.
Dopo questa esperienza di dissipazione, questa esperienza adolescenziale che è alle nostre spalle, essere generativi significa creare un valore intrecciando strumentalità e affettività, tecnica e senso, economia e significato. Parlare di generatività significa immaginare che dalla crisi si esce con una diversa idea di libertà: non più una libertà individualistica e dissipativa, ma invece una libertà generativa.

Terza ispirazione/aspirazione. La crescita non è solo espansione quantitativa, moltiplicazione, soprattutto per le società come le nostre che chiamiamo mature per le quali è innanzitutto eccedenza. La crescita non è solo materialità ma è anche spirito, spiritualità, creatività, innovazione. Generatività è la stessa parola di genialità e di generosità, sono un’unica parola. In futuro la crescita che noi cerchiamo non passerà dal rimettere in moto il motore della macchina che nel modo in cui ha funzionato negli ultimi 20 anni non ripartirà più: l’uscita dalla crisi non è tornare al 1° ottobre del 2008, ma invece comprendere che la crescita sta nel produrre valore, economico ma anche di senso, di significato, valore di bellezza e di efficienza. Storicamente noi abbiamo separato il valore, da una parte lo abbiamo pensato come puro valore economico, somma di preferenze individuali, e poi abbiamo parlato dei valori come se fossero delle retoriche, delle astrazioni. Questa crisi, che è una crisi di distruzione di valore, ci costringerà a rimettere in campo il valore trovando una nuova mediazione tra la sua traduzione economica e quella di significato.

Quarta ispirazione/aspirazione. Essere generativi significa riaprire il tempo che questa stagione alle nostre spalle ci ha come fatto perdere. Un tempo che era accelerato al punto che le società avanzate, come l’Italia e l’Europa, sembrano incapaci di pensare a un proprio futuro e di avere un futuro davanti, mentre contemporaneamente sembrano dimenticare ciò che c’era prima. Essere generativi significa riconoscere il proprio debito: qualcuno ti ha messo al mondo, non sei il creatore di te stesso, hai un’eredità che ti consente di essere quello che sei e che ti proietta su coloro che verranno dopo di te e potranno apprezzare ciò che tu hai messo al mondo e per cui ti sei speso.
Non è questa incredibile mancanza di futuro che condanna l’Occidente, l’Europa e l’Italia, per cui sembra che l’unica cosa che possiamo fare è trattenere ciò che abbiamo? Ma trattenendo ciò che abbiamo non si può produrre crescita: la crescita, che è un atto spirituale, ha bisogno di futuro e il futuro ha bisogno del passato.

Quinta ispirazione/aspirazione. Essere generativi oltre che riaprire il tempo riapre anche lo spazio. Il tipo di sviluppo e crescita che abbiamo avuto negli ultimi anni è stato espansivo, l’abbiamo chiamato globalizzazione, dove tutto espandendosi tutto scioglieva. Si sono sciolti i legami familiari, territoriali, politici, perché nel momento dell’espansione era difficile tenere insieme alcunché. In quella che si può chiamare “seconda globalizzazione”, che comincia dopo la crisi, in cui la mera espansione finanziaria e la mera espansione geografica non sono più all’ordine del giorno, il tema del legame torna a essere centrale.
Nella seconda globalizzazione nessuno si salverà da solo, chi vorrà farlo andrà a fondo con la nave che affonda. Nella seconda globalizzazione vinceranno, esisteranno, sopravviveranno i territori, le comunità, i gruppi, le imprese, le organizzazioni che sapranno stringere nuove alleanze; non alleanze difensive per chiudersi, per contrapporsi al mondo, ma invece per stare nel mondo e mettersi in rapporto con esso; nuove alleanze con i vicini e con i lontani, con i simili e con i diversi. Il tema  dell’alleanza è il tema del futuro, dopo che per anni avevamo pensato esistessero solo gli individui sulla base del processo espansivo attuato. Il valore che dovremo produrre e che ci dovrà salvare o sarà valore condiviso o non sarà: lo vediamo con l’Europa, che può esistere solo se stipula un nuovo patto, una nuova alleanza; lo vediamo in Italia a proposito del lavoro, non si tratta di conservare un articolo o di cancellarlo ma invece di riscrivere una relazione tra capitale e lavoro per stare dentro al grande mare della seconda globalizzazione.

Sesta ispirazione/aspirazione. Dopo gli anni della dura espansione in cui il consumo e la rendita sembravano essere sufficienti per creare valore, occorre rimettere al centro l’intrapresa. Abbiamo avuto una fase industriale in cui l’elemento centrale è stato il lavoro, poi una fase consumistica in cui l’elemento centrale è stato il consumo, ora entriamo in una fase in cui l’elemento centrale di popolazioni mature, capaci ed evolute sarà l’intrapresa. Intrapresa intesa non solo come un’azione economica ma più complessivamente come un’azione di senso, attraverso la quale si realizzano i propri desideri e le proprie capacità; intrapresa nella vita sociale, nella comunità locale, intrapresa come categoria che va al di là della contrapposizione tra Stato e mercato. Credo che la libertà dei liberi si misurerà con la capacità di generare intraprese nuove, dove la nostra libertà potrà dimostrare, concretizzare e incarnare i valori che pluralmente sapremo produrre. Da questo punto di vista la generatività sa che le risorse non possono essere sprecate, non c’è qualcuno che paga sempre a piè di lista. L’economicità è un principio della generatività che non pensa a una crescita senza limiti ma invece a una crescita con il passo della vita, che sa fare economia, anche nel Welfare; non semplicemente per delle ragioni economicistiche, ma perché le risorse non si possono sprecare: al mondo dobbiamo starci in tanti, l’ambiente va rispettato, dunque l’economicità come criterio di rapporto col mondo e con gli altri.

Settima ispirazione/aspirazione. La generatività è un modo di pensare se stessi, di pensare il rapporto con gli altri, di pensare le istituzioni. Perché l’innovazione necessaria per uscire dalla crisi si può cominciare a immaginare se ripensiamo le nostre istituzioni in modo che siano capaci di ospitare una maggiore generatività diffusa, pensando di creare gli spazi, le occasioni, le opportunità in cui molti di noi, possibilmente tutti, possano esprimere e contribuire a questo processo generativo. Partendo dalla scuola, che non è un costo ma un investimento e come tutti gli investimenti avrà un risultato in prospettiva, ma si tratta di un investimento che richiede una grande innovazione, perché la scuola non può più essere quella del XX secolo e si deve avere il coraggio di rompere i tabù, di essere innovativi. Partendo dalla scuola ma passando attraverso un nuovo rapporto tra i cittadini e i comuni, attraverso la messa in discussione dell’idea statalista del XX secolo che probabilmente non terrà più nel XXI, anche se abbiamo bisogno di alleanze politiche estese, e contribuire a portare i singoli Stati ad appartenere a istituzioni più grandi, com’è ad esempio l’Unione Europea. Io credo che essere generativi sia qualcosa che ci tocca come persone e come comunità, ma che apre anche una stagione di innovazione: abbiamo davanti un tempo di cambiamento.


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