Volontariato in Europa

scritto da Redazione il 15 April 2011 in 3 - Quale volontariato? and Approfondimenti con commenta

Sono quasi 100 milioni le persone impegnate in attività di volontariato in tutta l’Unione Europea, cioè circa un quinto dei cittadini europei di età superiore ai 15 anni. «Se i volontari europei costituissero una nazione a sé stante, sarebbe la più popolosa dell’UE» osservano i responsabili della Commissione Europea, oltretutto con un peso anche economico non indifferente: mediamente superiore al 2% del PIL con punte fino al 5% in alcuni Paesi europei e spese complessive del settore stimate intorno ai 2 miliardi di euro, cosa che collocherebbe la “nazione dei volontari europei” tra le prime dieci economie mondiali.
Un fenomeno, quello del volontariato europeo, che riguarda principalmente settori quali sport, ricreazione e tempo libero, cultura e arte, istruzione e ricerca, attività sociali e sanitarie e che si segnala in costante aumento: negli ultimi dieci anni si sono infatti verificati incrementi rilevanti del numero di organizzazioni di volontariato nella maggior parte degli Stati membri dell’UE, questo sia in Paesi dove il volontariato ha una tradizione consolidata (ad esempio, in Francia e Germania) sia in quelli dove il fenomeno è più recente (come in Bulgaria ed Estonia).
Secondo uno studio sul volontariato in Europa svolto perla Commissione Europeae pubblicato nel febbraio 2010 (Study on Volunteering in the EU), che per la prima volta ha raccolto e analizzato ciò che studi nazionali, indagini, relazioni e le principali parti interessate hanno dichiarato sul volontariato e sui volontari in ogni singolo Stato membro dell’UE, esistono alcune ragioni principali per spiegare questa tendenza all’incremento del volontariato in Europa. Tra queste, ad esempio: la maggiore consapevolezza delle problematiche sociali e ambientali; le recenti iniziative pubbliche per promuovere il volontariato; un numero crescente di organizzazioni di volontariato che a sua volta significa che i volontari sono distribuiti su un numero sempre maggiore di organizzazioni; un crescente numero di volontari necessari per sostenere l’erogazione dei servizi pubblici; l’aumento del numero di persone coinvolte in progetti di volontariato a breve durata; un maggiore coinvolgimento delle persone anziane; il cambiamento nella percezione pubblica, in particolare nei nuovi Stati membri.

Diversi livelli di partecipazione
Mentre l’aumento del volontariato è una tendenza comune tra i Paesi europei diversi sono invece i livelli di partecipazione ad attività di volontariato, strettamente legati alle caratteristiche socio-culturali, economiche e politico-amministrative dei vari Paesi. A tale proposito lo Study on Volunteering in the EU, basato su dati aggiornati al 2007, rileva livelli di partecipazione molto alti in Austria, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito, con oltre il 40% degli adulti coinvolti in attività di volontariato; alti in Danimarca, Finlandia, Germania e Lussemburgo (30-39%); medi in Estonia, Francia e Lettonia (20-29%); relativamente bassi in Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Irlanda, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Romania, Slovenia e Spagna (10-19%); bassi in Bulgaria, Grecia, Italia e Lituania (10% o meno).
Date le rilevanti differenze negli strumenti di indagine nazionale, gli autori dello studio sottolineano però come si tratti di risultati «da trattare con cautela» e che i dettagli sul numero e sul settore delle organizzazioni di volontariato di ciascun Paese dipendono «dal fatto che il Paese stesso abbia un registro delle organizzazioni di volontariato e se queste organizzazioni siano incentivate od obbligate a registrarsi». In Italia ad esempio, rileva lo studio, il numero delle organizzazione di volontariato è aumentato di oltre il 300% tra il 1995 e il 2007: «Questo significativo aumento è collegato all’entrata in vigore della legge sul riconoscimento delle organizzazioni di volontariato».
Un’altra ricerca pubblicata nel gennaio di quest’anno dall’Agenzia europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, Eurofound, stima invece il livello di partecipazione al volontariato in Italia superiore al 20% e molto vicino alla media europea, collocando il Paese al 14° posto della classifica europea.

Volontari “assidui” e “occasionali”
La ricerca di Eurofound, intitolata Participation in volunteering and unpaid work, evidenzia poi le diverse caratteristiche del volontariato tra vecchi e nuovi Stati membri dell’UE. In generale, osserva la ricerca, i cittadini dei Paesi dell’Est europeo sono meno propensi a svolgere attività di volontariato, ma quando lo fanno dedicano più ore alla settimana rispetto a quelli dell’Europa occidentale: mentre la media europea delle ore settimanali dedicate ad attività di volontariato e di beneficenza è di 6,5 ore, nei Paesi con livelli relativamente più bassi di partecipazione le persone che comunque svolgono attività di volontariato tendono a dedicarvi più tempo, quasi a compensare il minore impegno dei loro concittadini.
In base alla frequenza con cui è svolta l’attività di volontariato, la ricerca di Eurofound distingue quindi tra volontari “assidui” e “occasionali”: la categoria degli assidui comprende i volontari che svolgono attività una o più volte la settimana, fino a una frequenza quotidiana; quella degli occasionali riguarda invece i volontari attivi meno di una volta la settimana. Su queste basi le differenze tra i Paesi europei aumentano: nei Paesi Bassi, ad esempio, i volontari sono in totale il 42% della popolazione adulta e si dividono a metà tra assidui (21% almeno una volta la settimana) e occasionali (21% meno di una volta la settimana); in Danimarca, Belgio e Germania, invece, i volontari assidui sono il 14% mentre non superano il 9% in Italia

Altre caratteristiche dei volontari europei
Dai vari studi sul volontariato in Europa emergono poi alcune caratteristiche generali dei volontari. I livelli più elevati di volontariato sono rilevati tra gli adulti dai 30 ai 50 anni, i volontari più assidui hanno tra i 45 e i 50 anni. In un numero consistente di Paesi è in aumento il numero degli anziani che partecipano ad attività di volontariato (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Romania, Slovenia, Spagna e Svezia), mentre i giovani costituiscono la quota maggiore di volontari solo in alcuni Paesi dell’Europa orientale e in Spagna.
La maggior parte dei Paesi presi in esame registra un numero crescente di volontari sia maschi che femmine e una partecipazione quasi paritaria tra uomini e donne. In molti Paesi è più evidente una dimensione di genere in settori specifici (sport, sanità, servizi sociali e di soccorso) e nei ruoli dei volontari (ad esempio tra ruoli gestionali e operativi) piuttosto che nei tassi di partecipazione complessiva al volontariato. La posizione dominante di volontari di sesso maschile in alcuni Paesi può essere spiegata dal fatto che il settore dello sport attira il maggior numero di volontari, settore dove prevalgono i volontari maschi.
Altra tendenza che emerge è che le persone con un elevato livello di istruzione e di reddito hanno maggiori probabilità di essere volontari nel corso della loro vita e dedicano al volontariato, in media, un’ora e mezza in più a settimana rispetto alle persone con bassi redditi. Esiste poi una forte correlazione tra stato psico-fisico e la propensione al volontariato: da un lato l’attività volontaria contribuisce a rendere complessivamente più soddisfacente la qualità della vita degli stessi volontari e i loro rapporti con il vicinato e con la comunità locale più in generale; dall’altro, le persone che godono di maggiore benessere psico-fisico tendono a investire più ore nel volontariato. Forte è anche il legame con le istituzioni religiose: le persone che partecipano regolarmente alle attività religiose sono più propense a partecipare frequentemente ad attività di volontariato e beneficenza.
Oltre alle buone intenzioni è però necessario avere del tempo disponibile da dedicare al volontariato. Le persone maggiormente coinvolte nel lavoro di cura domestica non retribuito, per i figli o per parenti non autosufficienti, sono infatti meno propense a partecipare ad attività di volontariato: nella grande maggioranza dei casi il “volontariato domestico” incombe però sulle donne, cosa che spiega l’apparente minore partec1ipazione delle donne ad attività di volontariato non domestico. Sommando infatti le due forme di “lavoro non retribuito”, le donne impiegano rispetto agli uomini quasi il doppio del tempo per attività di volontariato e cura.
Fonti
http://ec.europa.eu/citizenship
http://www.eurofound.europa.eu
http://www.redattoresociale.it

Sull’Anno europeo del volontariato si veda anche ilQuaderno dell’Ufficio Pastorale Migranti, consultabile

sul sito web http://www.migrantitorino.it

Print This Post