Welfare municipale sotto stress

scritto da Renato Cogno il 17 March 2012 in 7 - E' stato sociale lo sarà ancora? and Notizie con commenta

I servizi sociali e socio-assistenziali dei Comuni (il cosiddetto “Welfare municipaleâ€) sono oggi sotto forte pressione: a fronte di bisogni crescenti, parte delle risorse pubbliche complessive per questi servizi sono state ridotte. Sono stati ridotti alcuni trasferimenti statali settoriali (fondi sociali) alle Regioni, che le stesse traslano sugli enti del proprio territorio, e i trasferimenti statali generali agli enti locali. E l’assetto istituzionale e organizzativo è destinatario di semplificazione e di trascuratezza: la questione delle funzioni fondamentali degli enti locali e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti sociali e civili è in discussione da anni.

La spesa sociale dei Comuni, che assorbe circa il 12- 13% dei loro bilanci, è così diventata uno dei comparti più fragili. Parallelamente si sono sviluppate le retoriche della “necessità†di ridimensionare la spesa sociale e del bisogno di un “nuovo†approccio.
Ma servizi complessi, frammentati e istituzionalmente fragili come sono quelli sociali e socio-assistenziali, richiedono cura loro stessi: la governance della rete dei servizi costituisce la grande sfida con cui si sono cimentate Regioni ed enti locali da parecchi anni, una governance complessiva e integrata tra i tanti soggetti attivi nei territori per i servizi di cura, che non può che svilupparsi secondo ambiti territoriali adeguati. Infatti la programmazione e la gestione degli interventi secondo ambiti pluricomunali consente una migliore articolazione dei bisogni, la disponibilità di risposte e di operatori, ed ha prodotto molte iniziative che altrimenti non sarebbero state avviate, talvolta con un costo complessivo non elevato per l’intero territorio, ma insostenibile al singolo attore, pubblico o privato.
Negli ultimi 20 anni, in Italia, molte delle diverse soluzioni adottate per questi servizi hanno saputo rispondere a tre grosse sfide.

• Il bisogno di integrazione. Sono servizi che rispondono a più bisogni (accudimento, integrazione sociale, sostegno, tutela) tanto che sono assunti da diversi comparti delle politiche (assistenza, lavoro, sanità,istruzione, previdenza). E vi opera una pluralità di soggetti, sia istituzionali che non: famiglie, enti territoriali, amministrazioni statali, formazioni sociali e organizzazioni non profit, imprese. Il solo intervento pubblico non ha una fisonomia unitaria: i trasferimenti assistenziali monetari dallo Stato e i servizi comunali non formano un assetto integrato e coerente. Integrazione e coerenza sono quindi utili e necessarie.

• Approccio degli interventi pubblici: non solo riparatorio e per categorie di bisogno, verso interventi sociali volti anche a prevenire i bisogni ed a promuovere opportunità per tutta la comunità. È questa una sfida assunta da molti operatori pubblici, per quanto impegnativa: l’assistenza, per l’indefinitezza dei confini, finisce spesso per dover coprire inefficienze e lacune di altre politiche sociali, più definite e statutariamente più forti.

• Affrontare bisogni mutevoli, che in questi ultimi anni si sono rivelati sensibili alla crisi economica sia generale che dei singoli territori, e che si riflettono nel tipo di domanda posta ai servizi.

Costruzione della rete delle risorse locali
La molteplicità degli soggetti attivi e dei bisogni rende opportuno cercare sinergie e concertare le risposte ai bisogni locali: nel “linguaggio di settore†costruire una rete delle risorse attive oppure attivabili, pubbliche, private e privato-sociali. I Piani di Zona (avviati negli ultimi dieci anni e con durata triennale) sono lo strumento prefigurato dalla legge 328 per quello scopo, e i territori hanno discrezionalità sulle modalità per concertare questi Piani, per renderli operativi e per valutarne gli esiti. Organizzare il mix delle risorse significa anche saper coinvolgere i diversi attori in modo appropriato dal punto di vista dei bisogni da soddisfare, ma anche nella scelta dei soggetti maggiormente idonei a soddisfarli.

Integrazione delle risposte socio-assistenziali e sanitarie

La separatezza organizzativa e funzionale vigente tra servizi sociali e servizi sanitari, che tratta problematiche affini, ha portato a esperienze anche spontanee per integrare metodi e professionalità: questa integrazione – tra servizi – riguarda alcuni bisogni di cura che richiedono risposte complesse non tanto per motivi tecnologici o medici, quanto perché richiedono, su una sola persona, l’intervento di più professionalità e/o di modalità diverse.
L’esistenza di esperienze positive ne dimostra comunque la fattibilità, come per le sperimentazioni degli Sportelli unici socio-sanitari, promosse dalla normativa regionale.

Prevenzione e coinvolgimento della comunità
Grande importanza è unanimemente attribuita ad interventi non solo riparatori o rivolti al disagio evidente. Da tempo si mira anche a promuovere forme di coinvolgimento attivo della comunità.
Tra gli interventi più frequenti, con fini promozionali e preventivi, vi sono quelli che coinvolgono la popolazione più anziana e mirano a favorire un invecchiamento attivo e autonomo.
La prevenzione viene considerata anche per i giovani, e ha portato a interventi che li coinvolgono attivamente (educativa di strada, centri aggregativi), per gli stranieri (iniziative di alfabetizzazione, informazione sanitaria) e ha dato vita a nuove iniziative quali quelle a sostegno della genitorialità (sportelli informativi, gruppi di discussione, spazi d’ascolto, counselling, consulenze psicologiche e legali) che spesso prevedono il coinvolgimento del Terzo settore e delle stesse famiglie utilizzatrici nella gestione.
L’associazionismo spontaneo e le forme di mutualismo hanno avuto un discreto sviluppo. Alcuni operatori pubblici hanno puntato esplicitamente su queste forme e le sostengono, le indirizzano, o ne stimolano l’attività. Lo spontaneismo fa si che alcune associazioni abbiano un vita lunga, ma altre si esauriscano col mutare della contingenza alla sua origine, così gli Enti hanno sostenuto e sviluppato vere e proprie reti tra le associazioni del territorio per ricerca di sinergie.
Si segnalano poi anche pratiche che accentuano l’orientamento comunitario, cioè l’intento di accrescere la responsabilità dei residenti e delle forze locali verso i bisogni che sorgono (trasporti comuni, sicurezza di spazi comuni, doposcuola, distribuzione dei beni alimentari).
Così come alcune esperienze di cosiddetto Welfare aziendale (nidi e scuole materne aziendali, altre attività sociali a favore dei dipendenti), che indicano una responsabilità sociale nei confronti del territorio.
In sostanza si tratta di un ambito di politiche, di interventi, di servizi che, forse più di altri, ha sperimentato vari approcci e sostenuto sfide impegnative: dal rapporto con la sanità, alle relazioni multilivello; dalla sussidiarietà orizzontale, alla richiesta crescente di contribuzioni agli utenti. Un patrimonio che richiede valutazione e giudizio, più che semplificazioni e fretta

Print This Post