Scuola S-Nodi: accompagnare l’innovazione sociale

scritto da Redazione il 30 June 2016 in 23 - Sviluppo di comunità and Esperienze e territorio con commenta

foto-snodi@work-721x407Quali sono le maggiori risorse e le maggiori fatiche che si sperimentano nel far emergere nuovi processi comunitari, che vedono soggetti diversi lavorare insieme per ottenere risultati collettivi? A questa domanda si è cercato di rispondere nel corso della sessione della Scuola S-NODI, svoltasi lo scorso mese di maggio a Torino presso il museo Ettore Fico.

S-NODI è un ente strumentale di Caritas che si occupa di innovazione sociale negli interventi di lotta alla povertà. Attivo dal 2013, S-NODI è definito dai suoi promotori «un’agenzia di sviluppo che applica in modo innovativo nei territori strumenti consolidati di Caritas e introduce nuove metodologie che facilitano lo sviluppo di processi comunitari». Obiettivo di S-NODI è riconoscere iniziative innovative contro la povertà nate da comunità locali e accompagnarne la crescita, in particolare «quelle iniziative che hanno ambizione e potenzialità per coinvolgere interi sistemi territoriali, diventare pratiche virtuose replicabili e, possibilmente policies riconosciute».

Dal 2014 è stata attivata la Scuola S-NODI, che propone incontri periodici nel corso dei quali soggetti di diversa provenienza (istituzioni, università, terzo settore, impresa) hanno la possibilità di scambiare informazioni e lavorare per provare a mettere a sistema le iniziative, le riflessioni e le conoscenze in tema di pratiche e politiche di Welfare.

 

Sfera sociale propulsore di cambiamento

Il ruolo della sfera sociale nella promozione del cambiamento è stato il tema centrale degli interventi di Lyudmila Petrova, di Creare Fundation che affianca S-NODI nella valutazione dei progetti, e Tiziana Ciampolini, presidente di S-NODI e responsabile dell’Osservatorio Caritas Torino. La sfera sociale, ha detto Petrova, è caratterizzata da «effervescenza e frammentazione», elementi che ne connotano la vulnerabilità sia in termini di produzione del cambiamento sia nel rapporto con le altre sfere da cui il cambiamento può derivare: il mercato e la governance. Alcune recenti trasformazioni sociali (sviluppo delle tecnologie, diffusione della sharing knowledge, partenariati pubblico-privati) stanno però consentendo di «valorizzare al massimo l’effervescenza, intesa come energia positiva e di trasformazione che è propria della sfera sociale, che quindi sta diventando propulsore del cambiamento nelle pratiche e nelle politiche». Ciampolini ha però ricordato come a sostegno di queste nuove dinamiche sociali occorrano risorse, e come sia necessario un attento lavoro di accompagnamento dei processi «che può essere fatto solo sul territorio e dal territorio, spiegando e visibilizzando il cambiamento anche a quei soggetti che fanno più fatica a comprenderlo».

 

Partecipazione e condivisione delle responsabilità

Tra gli altri interventi, il responsabile delle politiche giovanili per Compagnia di San Paolo, Luca Grbach, ha dichiarato la volontà dell’ente di «uscire dalla bolla delle Fondazioni, ascoltare i territori e innescare processi di partecipazione e condivisione delle responsabilità che guardino al presente rispondendo ai bisogni emergenti, ma anche al futuro». Silvio Vacca, della Scuola di economia civile, ha sostenuto che «l’impresa può essere alleata dello sviluppo di comunità e del territorio», sottolineando che l’esperienza dell’economia civile «scardina l’immagine dell’impresa come entità dedita esclusivamente al profitto e auto-interessata».

Secondo Patrizia Cappelletti, dell’Archivio della generatività italiana, esistono a livello nazionale e internazionale alcuni esempi di un passaggio in corso dal “consumo”, come realizzazione individuale, al “generare”, come realizzazione e crescita contestuale: «Stanno cambiando le connotazioni del concetto di valore, non più solo economico ma multiforme».

Da questo cambiamento ne possono discendere altri. Tra gli esempi citati, l’approccio che attribuisce maggiore importanza all’uso dei beni piuttosto che al loro possesso o la crescente rilevanza del movimento dei beni comuni, attorno al quale si creano spazi per nuove alleanze.

 

Innovare: saper cambiare orizzonti

Per quanto concerne le testimonianze dai territori, la dirigente dell’area Politiche sociali della Città metropolitana di Torino, Elena di Bella, ha citato l’«ascolto attivo» e la «connessione» quali parole-chiave del cambiamento: un ente come la Città metropolitana è infatti chiamato ad ascoltare e a connettere contesti, ambiti di azione e livelli istituzionali, «portando ad evidenza le buone pratiche territoriali realizzate in una logica di sistema per promuovere attorno ad esse l’aggregazione di risorse». Ma innovare significa anche «saper cambiare orizzonti, lavorare su quotidiane e spesso invisibili cuciture, avere il coraggio di cambiare strada» ha osservato il direttore del Consorzio Monviso Solidale, Livio Tesio.

Paolo Pezzana poi, dopo anni di lavoro nell’ambito della solidarietà sociale e ora sindaco del Comune di Sori (GE), ha voluto sottolineare il ruolo dell’amministrazione locale nei processi di innovazione sociale perché, ha detto, «amministrare oggi è fare il lavoro di animazione della comunità, liberando energie e coinvolgendo tutti i cittadini».

Fonte: Comitato promotore S-NODI 

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