Non fermare la riforma: il punto

scritto da Redazione il 29 December 2016 in 24 - Non fermare la riforma and Approfondimenti con commenta

non-fermiamo-prima-24La lotta alla povertà non può essere ostaggio dello stato di crisi. Non possiamo permetterci di continuare a rimandare l’introduzione di uno strumento nazionale che faccia finalmente da argine alla crescita della povertà nel nostro Paese e perciò chiediamo che il percorso del Disegno di legge delega sulla povertà giunga a compimento entro la fine della legislatura». L’Alleanza contro la povertà in Italia ha così espresso una preoccupazione diffusa da quando, a inizio dicembre, è iniziata la crisi di governo: che la prima misura strutturale nazionale in Italia per il contrasto della povertà non resti invischiata nella crisi politico-istituzionale in corso e che di conseguenza a pagare la crisi non siano le persone in maggiori difficoltà. Il Disegno di legge delega sulla povertà, infatti, che dovrebbe portare alla graduale creazione di un Reddito di inclusione (Rei), era stato approvato alla Camera nel luglio scorso mentre attualmente è all’esame della commissione Lavoro del Senato. Intanto, con la votazione lampo del 7 dicembre scorso da parte del Senato è stata approvata la Legge di Bilancio 2017, che prevede lo stanziamento di ulteriori 150 milioni per il fondo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, fondi che dovrebbero consentire di rafforzare il neonato (avviato a settembre) Sostegno per l’inclusione attiva (Sia, vedi box) come misura nazionale di contrasto alla povertà, ampliando la platea dei potenziali beneficiari, in attesa del più completo e strutturale Rei.

Ad oggi le risorse stanziate per il progetto di Rei sono quindi pari a 1,2 miliardi per il 2017 e 1,7 miliardi per il 2018, ancora decisamente inferiori rispetto a quelle previste dall’Alleanza contro la povertà che nella sua proposta di reddito di inclusione sociale (Reis) ritiene necessario un aumento di almeno 1,5 miliardi ogni anno (con 3 miliardi il secondo e 4,5 il terzo) per giungere a regime il quarto anno con un fondo non inferiore ai 6 miliardi.

«La scadenza referendaria ha impedito di operare le adeguate modifiche alla Legge di Bilancio alla Camera, mentre il risultato della consultazione e le difficoltà politiche emergenti hanno comportato la mancata possibilità di intervenire a riguardo anche al Senato» osserva l’Alleanza contro la povertà, che negli ultimi mesi aveva sollecitato il governo a potenziare le risorse di contrasto alla povertà già dal 2017, aggiungendo: «Questo disegno va rinforzato in modo che contempli un reddito minimo per tutti i poveri assoluti ed il loro accompagnamento con servizi adeguati in un percorso di reinserimento socio-lavorativo».

La recente rilevazione Istat (vedi pag. 4), con la stima di oltre un quarto della popolazione residente in Italia a rischio povertà, rende ancor più urgente e non più rinviabile un Piano nazionale di lotta alla povertà, qualunque sia il percorso di uscita dalla crisi politica.

Le novità dell’autunno 2015

Un anno fa circa, con l’approvazione della Legge di Stabilità per il 2016, l’Italia segnò «una netta discontinuità rispetto alle scelte del passato, sotto due profili» sottolinea Caritas Italiana nel suo Rapporto 2016 sulle politiche contro la povertà in Italia, intitolato appunto Non fermiamo la riforma: «Per quanto riguarda le risorse economiche, è stato compiuto uno sforzo senza precedenti con lo stanziamento di 600 nuovi milioni di euro per il 2016 e di un miliardo assicurato stabilmente a partire dal 2017. E rispetto alla progettualità, è stata prevista la presentazione di un Disegno di legge delega per la complessiva riforma del settore, che porterà all’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta, il Reddito d’inclusione (Rei)». Intanto, nel 2016 sono state finanziate le due misure transitorie, il Sostegno per l’inclusione attiva (Sia) e l’Assegno per la disoccupazione (Asdi), che nel corso del 2017 sarebbero dovute essere assorbite nel Rei, la misura definitiva.

Costatando come il governo Renzi abbia avuto «l’indubbio merito di “scardinare” lo storico disinteresse della politica italiana nei confronti della povertà», Caritas Italiana che è tra i fondatori dell’Alleanza contro la povertà ritiene che ora sia giunto «il tempo delle scelte concrete: occorre affrontare la sfida di un progetto di Welfare dedicato ai più deboli, del percorso per realizzarlo e di come ci immaginiamo le politiche sociali del nostro Paese ora e negli anni a venire». L’Italia infatti è il solo Paese in Europa, insieme alla Grecia (che però ha allo studio una misura di contrasto alla povertà assoluta, il Kea), privo di una misura nazionale universalistica – destinata cioè a chiunque si trovi in tale condizione – contro la povertà assoluta, ossia l’indigenza vera e propria, dovuta alla mancanza delle risorse economiche necessarie per conseguire uno standard di vita definito dall’Istat “minimamente accettabile” (legato ad alimentazione, abitazione, vestiario, trasporti ecc.). Povertà assoluta che negli ultimi anni, quelli della crisi economica, è aumentata in Italia da 1,8 milioni di persone coinvolte nel 2007 a 4,6 milioni nel 2015.

Caritas Italiana ritiene quindi che l’unica strada percorribile sia un Piano pluriennale di contrasto alla povertà, perché:

  • per costruire un cambiamento ambizioso nei territori ci vuole tempo;
  • per progettare un cambiamento ambizioso a livello locale servono certezze sul futuro;
  • per evitare tensioni sociali bisogna dichiarare all’inizio i passi successivi nell’ampliamento dell’utenza;
  • per trasformare le inevitabili difficoltà realizzative in un’opportunità per migliorare le risposte;
  • per diluire il necessario incremento di spesa nel tempo e renderlo più sostenibile dal bilancio pubblico.

Bisogna però evitare, ammonisce Caritas Italiana, la tentazione di pensare che il nodo principale consista nell’ammontare degli stanziamenti aggiuntivi: «L’interrogativo sul quale crediamo bisognerebbe confrontarsi non è “quanti soldi in più ci saranno” bensì “quale progetto vogliamo costruire per un nuovo Welfare rivolto ai poveri”».

 

Autunno 2016: il rischio di una riforma interrotta

Secondo Caritas Italiana, per le varie misure di lotta alla povertà al fine di giungere con un piano pluriennale all’istituzione del Rei i quasi 2 miliardi ipotizzati in autunno erano una cifra sufficiente per il 2017: «Il vero discrimine, infatti, non consiste nello stanziare più risorse possibili nell’immediato, bensì nell’avviare da subito un progetto di cambiamento pluriennale credibile, come richiesto dall’Alleanza contro la povertà. La qualità della riforma, in altre parole, non si giudica dall’entità degli stanziamenti per il prossimo anno bensì dalla capacità – o meno – di costruire un concreto progetto di cambiamento che porti a radicare entro il 2020 un sistema di Welfare rivolto ai più deboli e adeguato al contesto italiano».

Ora però, con la crisi politica e le incognite sul programma del nuovo governo, è possibile che si verifichi lo scenario che nel suo Rapporto sulle politiche 2016 Caritas Italiana aveva ipotizzato definendolo appunto “riforma interrotta”: «In questo scenario l’Esecutivo non fornisce indicazioni ulteriori e il Piano nazionale presenta un orizzonte molto limitato: il percorso previsto per l’introduzione del Rei si ferma al 2017 e la percentuale di poveri interessata non supera il 35% del totale, lasciandone scoperta la maggior parte. Il nostro Paese continua così ad essere privo di una misura universalistica contro la povertà assoluta».

Le decisioni che saranno prese dal nuovo governo in materia di povertà diranno se l’Italia vivrà un’ennesima riforma interrotta, scenario drammatico per milioni di persone in povertà, o se invece si procederà verso un’adeguata misura nazionale. Come sostiene Caritas nel suo Rapporto, «non una spesa in più, ma un volano di sviluppo territoriale in termini di infrastrutturazione, crescita delle competenze di progettazione locale, rafforzamento della coesione sociale. Insomma, non fermare la riforma: per ridare slancio alla ripresa economica a partire dai più poveri e dalle comunità locali; per ridurre le diseguaglianze; per rendere il nostro Paese più competitivo in quanto meno ingiusto e più solidale».

 

Box: Che cos’è il sostegno all’inclusione attiva 

 

 

 

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